Fari
Guidare nella nebbia
L’occhio del guidatore dell’autocarro si trova molto più in alto dei fari rispetto all’automobilista … questo diverso assetto è tale da aumentare in modo notevole la visibilità del primo rispetto al secondo.
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L’avvento della stagione fredda è accompagnata da formazione di nebbia. Presumibilmente la Val Padana è l’area europea dove il fenomeno si verifica con frequenza e intensità maggiori.
Il raffreddamento dello strato atmosferico vicino al suolo fa sì che l’umidità relativa superi il 100 per cento. Di conseguenza, una parte del vapor d’acqua (aeriforme e quindi invisibile) contenuto nell’aria condensa in minute goccioline di acqua liquida, la nebbia per l’appunto. Diminuisce drasticamente la visibilità, vale a dire la massima distanza alla quale l’occhio vede e identifica gli oggetti circostanti.
Per chi si trova di notte alla guida di un’automobile su strade extra urbane il pericolo di incidenti è sempre incombente. Mentre si procede a una velocità che sembra offrire un certo margine di sicurezza, ci si trova spesso sorpassati da un automezzo pesante. La manovra viene effettuata con grande precisione e velocità relativamente tanto elevata che le luci rosse posteriori del grosso autocarro scompaiono in un attimo dalla vista dell’automobilista.
È opinione comune che ciò vada attribuito alla maggiore abilità del “professionista” rispetto al “dilettante”. Gli autisti dei grossi mezzi di trasporto merci, si afferma, conoscono a menadito il tracciato della strada per averla percorsa centinaia di volte: possiedono inoltre una grande esperienza di guida nella nebbia.
In realtà le cose stanno diversamente.
La luce che attraversa un mezzo composto di particelle viene diffusa da ciascuna particella in tutte le direzioni. In certe condizioni casalinghe ottimali (fascio di luce su sfondo scuro) il fumo che si sprigiona dalla brace della sigaretta assume un colore bluastro. Si tratta di particelle molto piccole. Nel caso di particelle ancora più piccole, le molecole del miscuglio di gas che noi chiamiamo aria, la luce diffusa ci appare decisamente azzurra.
L’intensità della luce diffusa da aria perfettamente pura (un’aria che ovviamente non esiste in natura) è proporzionale all’inverso della lunghezza d’onda, elevata alla quarta potenza, di quella incidente. La luce proveniente dal Sole è bianca. La diffusione da parte dell’aria è circa 100 volte più intensa nell’azzurro rispetto al rosso. Di qui la spiegazione del colore del cielo sereno illuminato dal sole.
Per altro verso il fumo emesso dalla bocca del fumatore della sigaretta ci appare biancastro. Nell’apparato respiratorio acqua liquida è condensata sulle particelle di fumo aspirate: una nebbia fatta in casa. L’analogia tra quest’ultima e quella formatasi in natura riguarda soltanto la diffusione della luce. In ambedue i casi le goccioline d’acqua liquida in sospensione nell’aria sono così grandi che l’intensità della luce da esse diffusa è indipendente dalla lunghezza d’onda di quella incidente. Se illuminate da una sorgente di luce bianca la luce diffusa è bianca.
Il grafico in figura è, in termini fisici, il diagramma polare di diffusione della luce da parte di una gocciolina di acqua. Il suo significato è molto semplice. Descrive, in termini quantitativi, l’intensità della luce diffusa in una certa direzione rispetto a un’altra. Il segmento denominato B indica l’intensità della luce diffusa “in avanti”, vale a dire nella stessa direzione di provenienza di quella incidente (A); il segmento denominato C quella diffusa all’indietro, cioè in direzione opposta. Si può notare che è sufficiente spostare l’occhio dell’osservatore in una direzione di poco diversa (tratto D) per far sì che l’intensità della luce diffusa all’indietro sia minore rispetto a C.
L’occhio del guidatore dell’autocarro si trova molto più in alto dei fari rispetto all’automobilista. Bene, questo diverso assetto è tale da aumentare in modo notevole la visibilità del primo rispetto al secondo. Detto in altri termini, l’intensità della luce dei fari diffusa all’indietro dalla nebbia costituisce un disturbo di minore entità per l’autista dell’autocarro rispetto a chi sta al volante di un’automobile.
Collocato a quota più elevata di quella dei fari, egli vede meglio gli oggetti che delimitano la strada illuminata dalla luce emessa dall’autocarro stesso. Il tratto della striscia bianca divisoria gli appare “più lungo” e maggiore è la distanza alla quale un mezzo che lo precede viene visto.
Alcuni anni fa erano in voga fari cosiddetti antinebbia, vale a dire sorgenti di luce di colore giallo. La giustificazione del loro impiego era che la visione dell’occhio umano viene maggiormente stimolata nel giallo-verde. Ciò è vero. Ma, come si è visto, l’intensità della luce diffusa dalla nebbia è indipendente dalla lunghezza d’onda. Quindi nulla cambia, passando dal bianco al giallo, nel valore della grandezza fotometrica che stimola la visione dell’occhio proveniente dalla nebbia rispetto a quella diffusa dagli oggetti circostanti.
Molti trovavano giovamento dall’uso dei fari antinebbia. Sembra che il miglioramento fosse di entità apprezzabile. Tuttavia esso non derivava dal tipo di luce ma dal fatto che i fari antinebbia venivano collocati al di sotto di quelli normali.
L’applicazione dei fari antinebbia aumentava l’angolo tra la direzione di visione dell’occhio e quella della luce diffusa all’indietro (il tratto C). Talvolta un intervento basato su ipotesi errate ha successo poiché modifica altre condizioni del tutto ignorate dal progettista. Sono molto pochi nel mondo coloro che studiano la diffusione della luce da parte di goccioline.
Chissà che a qualcuno non venga in mente, leggendo questo articolo, di escogitare un modo funzionale di dotare l’auto di fari “ausiliari” per viaggiare nella nebbia. Si potrebbe pensare a un traliccio porta-fari montato sul tetto dell’auto che, disposto verticalmente in presenza di nebbia, permetta di illuminare la strada secondo una angolazione corrispondente a quella tra C e D nel diagramma.
Ottavio Vittori