Giambattista Miliani (Fabriano 1856 – 1937) era l’ultimo discendente della notissima famiglia di cartai di Fabriano; il padre Giuseppe era pronipote del famoso Pietro Miliani, che nella seconda metà del 1700 era riuscito a fare riprendere la cartiera, dopo il periodo precedente di decadenza.
Iniziate le scuole secondarie a Fabriano, ha completato il liceo a Roma e per tre anni ha seguito i corsi di Scienze Naturali e di Chimica. Sin da giovane si è occupato della fabbrica paterna con successo e dopo la morte del padre (nel 1890) si è trovato ad essere il capo dell’industria fabrianese, iniziandone la ristrutturazione. Ha ricoperto molte cariche sociali e politiche; dal 1905 è deputato; nel 1917 è nominato Ministro dell’Agricoltura nel Gabinetto di Vittorio Emanuele Orlando; nel 1929 è nominato senatore del Regno; è stato per vari periodi prima sindaco e poi podestà di Fabriano; è stato anche Presidente della Camera di Commercio di Fabriano e dell’Associazione umbro-marchigiana per l’esercizio dell’agricoltura. Giambattista Miliani era un industriale della carta, implicato in molte altre attività di carattere economico e sociale.
La città di Fabriano è circondata da una bella cerchia di montagne che, anche se non raggiungono quote molto elevate, tuttavia fanno positivamente sentire la loro presenza per le cime dolci e arrotondate, per i pendii boscosi, per le creste rupestri: il Monte Rogedano, il Monte Maggio, il Monte Cucco e – più lontano – il Monte Catria. Giambattista Miliani era molto colpito da questo ambiente che ha iniziato a frequentare fin da ragazzo, ove faceva lunghe escursioni, esplorazioni, rilievi, raccogliendo le notizie che gli sarebbero poi servite per i suoi scritti su questa parte dell’Appennino. Ma non solo, egli si spingeva anche più lontano, fino ai Monti Sibillini, che molto lo attraevano. Per MiIiani, davanti alla grandiosità della natura sentiamo la piccolezza degli interessi e la indegnità delle passioni che qualche volta dividono i popoli, e sugli altari dell’infinito si accende per noi una fede che solo gli imbelli e i corrotti non possono intendere. Sono questi sentimenti che all’alpinismo procacciano sempre più le simpatie del mondo civile. Iscritto alla Sezione del C.A.I. di Roma, ne è stato Presidente dal 1914 al 1921.
Egli è stato anche speleologo ed ha esplorato e rilevato le grotte del Monte Ginguno, oggi dette della Beata Vergine di Frasassi, e del Monte Cucco (Miliani, 1892); il pozzo iniziale di 30 metri di profondità è stato chiamato pozzo Miliani dagli speleologi del C.A.I. di Perugia (la grotta si trova in Umbria). Nel 1952 Ia Sezione del C.A.I. di Fabriano ha collocato una lapide per ricordare il pioniere Miliani e la grotta è stata battezzata Grotta Giovan Battista Miliani del Monte Cucco.
In molte delle sue pubblicazioni Miliani si rivela un acuto osservatore dello stato in cui si trova la montagna e ne segnala i problemi. In un articolo del 1883 così descrive la situazione delle aree montane più degradate: Basta che usciamo in campagna tra i nostri monti per sentirsi dire in aria melanconica da qualche uomo appena d’età matura, qui c’era un faggeto, là un querceto, più in alto macchie foltissime ed alberi secolari! Che c’è adesso in quei luoghi? Forse novelli arbusti che fra qualche decennio potranno rivaleggiare con le anteriori vegetazioni? Forse il ceduo? Nulla di questo. Qua e là qualche tronco fradicio di albero malamente tagliato a mezzo metro dal suolo, sterpi secchi di crognale, cespugli di spino, germogli smozzicati e rachitici di rovere, di faggio, di nocciolo o di qualcuna delle altre piante arboree, che un tempo erano l’ornamento dei nostri monti e la prosperità dei nostri montanari. Sempre nello stesso articolo sottolinea: qual principio fondamentale di ogni buona conservazione delle foreste, il proibirvi il pascolo del bestiame … La capra è la più grande e terribile nemica delle giovani piante, di cui divora i teneri germogli con un’avidità senza pari. È pertanto necessario, conclude, trattare le foreste con norme e tutele ben diverse dalle odierne, compreso il rimboschire dove la foresta non c’è più.
In un articolo sui Monti Sibillini, sulla Rivista del C.A.I. del 1886, ci si aspetterebbe una descrizione di quel gruppo montuoso ma non è così; quasi tutto si riferisce allo stato di degradazione della montagna e soltanto alla fine vengono riportati alcuni itinerari e alcune indicazioni alpinistiche.
Dopo avere constatato che negli Appennini centrali l’opera inconsulta dell’uomo ha avversato quella sapientissima della natura, per cui le montagne hanno perduto le selve protettrici, per spiegarsi ancora meglio, propone questo confronto, che vuole essere senza retorica: Si può dire che le montagne appariscono come anzi tempo sfatte, dalle chiome recise e dai fianchi sconciati, mantenendo solo nella superba struttura delle forme le vestigia di una opima bellezza che fu.
Passando ai Sibillini così prosegue: Il gruppo dei Monti Sibillini, a parte quanto ha di bello per la sua struttura, offre una squallida veduta di pendici e di valli. A chi lo percorre tutto nel suo versante ovest, passando per la linea nord-sud, a cominciare da Pian di Pao e Monte Bove sino a Vettore e Pretara, non si offrono altro che brulle ed isterilite pendici, su cui non spuntano neppure uno sterpo. L’articolo si dilunga per varie pagine sul tema della montagna degradata e senza bosco, oppure – nel migliore dei casi – con boschi cedui ridotti in miserevolissime condizioni. Circa 60-70 anni dopo il Prof. Vittorio Marchesoni, che è stato uno studioso del bosco proprio nell’Appennino centrale, nella prolusione per l’anno accademico 1952-53 all’Università di Camerino usa le stesse parole di Miliani per definire i boschi dell’Appennino, “molto miseri e per di più frammentari”: ed anche volgendo lo sguardo verso la cerchia meravigliosa dei monti che circondano Camerino, purtroppo dobbiamo notare una copertura forestale molto misera e per di più frammentaria (Marchesoni, 1952).
Giambattista Miliani ha scritto un altro articolo sui Monti Sibillini, pubblicato pochi anni dopo (Miliani, 1892), I Monti della Sibilla. Questa volta si tratta di una signorile descrizione dei paesaggi e dei luoghi, delle montagne e delle vie da seguire per salirvi; però non sa trattenersi dalla sua posizione di attento osservatore dello stato dell’ambiente e relative conseguenze: Le pendici orientali del Vettore, come tutte le altre dei Sibillini, sono affatto sterili e brulle, tanto che si possono percorrere chilometri senza trovare un arbusto. Questa solitudine desolata, ad una elevazione in cui si sa che potrebbero vegetare ancora rigogliosamente parecchie piante da bosco, e meglio di tutte i faggi, dà un sentimento di pena e di malinconia che è difficile potersi levare da dosso. E a proposito dell’altopiano al centro del quale sorge il santuario di Macereto, scrive che [l’edificio del santuario] sorge nel mezzo di una desolata solitudine di questi brulli monti.
Nel 1888 Miliani ha scritto la poesia Fra gli Appennini, piena di ammirazione e di amore per i suoi Sibillini; però anche questa volta Miliani non sa trattenersi dall’andare con il pensiero ai suoi monti che non sono più come erano in passato e alle “disperse e fiorenti selve antiche”:
Però ch’io v’amo e penso a le disperse
Fiorenti selve antiche,
E al cercato tesor che non emerse
Del volgo alle fatiche,
E non vi veggo adesso o cari monti
Quai foste a dì men rei,
Né sedermi poss’io a’ vostri fonti, Siccome i Padri miei,
All’ombra secolar d’elci e di faggi,
Nella calda stagione,
Che sull’arido suol piombano i raggi Del torrido Leone!
Non si deve però pensare che Miliani fosse soltanto poeta; infatti nel periodo in cui è stato a Roma al Parlamento e al Governo è intervenuto varie volte a favore della montagna: per l’ordinamento e l’autonomia dell’amministrazione forestale governativa (Bologna, 1910); per la nuova legislazione forestale e la sua applicazione (Roma, 1911); per la IV festa nazionale degli alberi (Roma, 1914); per i problemi di economia forestale, discorso al Senato (Roma, 1930); sul bilancio dell’agricoltura e foreste, discorso al Senato (Roma, 1932) ed in diverse altre circostanze.
Giambattista Miliani ha compiuto molti viaggi in Europa e America, ha compiuto ascensioni su varie montagne come sul Popocatepetl in Messico nel 1924, sull’Aconcagua al confine fra Argentina e Cile nel 1924, sul Fujiama in Giappone nel 1936 e in molti altri posti. Durante il primo viaggio in America ha visitato il Parco Nazionale di Yellowstone, che era stato istituito nel 1872; pochi anni dopo, nel 1875, già usciva a Milano la traduzione italiana di un libro di tre Autori americani su Il Parco nazionale degli Stati Uniti (Doane – Hayden – Langford, 1875). Miliani è stato il primo italiano a visitare Yellowstone, e ne ha lasciato un prezioso racconto ricco di dettagli sulla rivista Nuova Antologia (Miliani, 1907). Furono i componenti della famosa spedizione Washburn-Langford-Doane che ebbero primi l’idea pratica e generosa di sottrarre alla speculazione edilizia privata ed a possibili deturpazioni tanto tesoro di inestimabili naturali bellezze. Auspica che l’esempio degli Stati Uniti possa convenientemente essere imitato anche da noi, e in tutti i paesi civili, o dove si estende la diretta influenza di questi, a beneficio comune di tutti, a salvaguardia dei tesori della natura e dell’arte dalla distruzione e dalla invadenza della speculazione.
Gli ultimi argomenti che vanno messi in risalto riguardano la Federazione nazionale Pro Montibus et Sylvis, che risaliva al 1898, e di cui è stato anche Presidente, e il Parco Nazionale d’Abruzzo. Nel 1917 è nominato Ministro dell’Agricoltura, sono gli anni preparatori per l’istituzione del parco, e subito si adopera per la ripresa degli studi per il parco, nominando anche una commissione ministeriale che formulò il primo schema del disegno di legge, che però non venne approvato. Nel 1921, persistendo le difficoltà da parte del governo, propose ad Erminio Sipari di istituire l’Ente Parco Nazionale d’Abruzzo in forma privata (idea veramente unica e assolutamente originale nella storia del protezionismo italiano!), come descritto nella scheda relativa a Sipari. A cavallo degli anni 1922-1923, la situazione divenne favorevole all’istituzione del parco; Giambattista Miliani è stato il relatore del progetto legge, essendo Ministro dell’Agricoltura Giacomo Acerbo. E il parco venne così istituito; per i dettagli della vicenda dell’istituzione del parco, si rimanda al libro di Arnone Sipari (2011). Miliani era veramente un grande appassionato per il tema delle aree da proteggere, come le chiamava nei primi suoi scritti, cioè per i parchi nazionali.
Il suo biografo Bruno Bravetti, di Fabriano, autore di molti saggi di carattere storico, nella sua ultima e bella biografia dedicata al suo conterraneo, definisce Giambattista Miliani imprenditore, uomo politico, alpinista, speleologo, ambientalista, viaggiatore. Sì, un giudizio globale confermato dalla vita e dall’attività di Miliani, che – assieme a pochi altri – va considerato fra i pochi pionieri dell’Italia di inizio 1900 per la protezione della natura. Nel centro storico della città di Fabriano gli è stato dedicato il Piazzale Giambattista Miliani.
Franco Pedrotti