Giovanni Pedrotti (Rovereto 1867 – Andalo 1938), storico e botanico, era un grande conoscitore e studioso delle montagne del Trentino. Fratello del volontario di guerra Tommaso Pedrotti morto al fronte nel 1918, al cui nome è dedicato un rifugio alla Bocca di Brenta, è padre del musicista Antonio Pedrotti.

È stato il primo a proporre l’istituzione di parchi nazionali in Trentino nel Gruppo dell’Adamello e sulle Pale di S. Martino. La sua attività per i parchi nazionali è ben conosciuta e ne parla anche lo storico americano dell’ambientalismo James Sievert nel suo libro sulle origini della protezione della natura in Italia (Sievert, 2000): the most important conservazionist to emerge from S.A.T. … an indefatigable walzer who hiked every corner of Trentino … author of many articles on the natural world of his native region.

Giovanni Pedrotti fu un buon alpinista e più ancora un escursionista instancabile; è stato Presidente della Società Alpinisti Tridentini (S.A.T.) dal 1925 al 1928. Amava appassionatamente la montagna per le sue bellezze naturali e la studiava sotto tutti i suoi aspetti, ha scritto il suo amico Gino Marzani (1939). Egli ha pubblicato diversi contributi sulla flora del Trentino, in particolare sulle piante officinali e coltivate e sui nomi dialettali delle piante del Trentino e della Ladinia dolomitica. Sua è la scoperta della Linnaea borealis in Val di Tovel.

Giovanni Pedrotti in alcuni periodi dell’anno viveva con la sua famiglia a Roma, dove possedeva una casa. Nel 1914 egli aveva dovuto lasciare Trento allo scoppio della prima guerra mondiale e rifugiarsi nel regno per sfuggire alla persecuzione che l’Austria avrebbe messo in atto contro di lui, che era impegnato in varie attività patriottiche ed irredentistiche anche con Cesare Battisti, Guido Larcher e altri. Così visse a Roma dal 1914 al 1918 nel suo villino sito in via XX settembre 68.

In base al suo diario (ora conservato al Museo storico di Trento), nel 1915 e nel 1916 ha fatto due escursioni in Abruzzo: la prima sui Monti Simbruini, una traversata da Vallepietra (Lazio) a Petrella Liri (Abruzzo), la seconda nel 1916 all’Aquila, S. Maria di Collemaggio, Sulmona e Roccaraso, con ritorno a Sulmona e quindi proseguimento in treno per Terni e Perugia. Nelle brevi descrizioni delle due escursioni sono nominate anche alcune specie della flora, Hedraianthus graminifolius durante l’escursione “nelle fessure delle rupi”, e quindi boschi di faggio, con qualche acero e citiso laburno. Queste due escursioni sono molto importanti, perché hanno permesso a Giovanni Pedrotti di prendere visione dell’ambiente dell’Appennino centrale, per il quale già si stava lavorando all’idea di un futuro parco nazionale.

Rientrato a Trento dopo la fine della guerra, riprese subito anche la sua attività culturale, partecipando nel 1919 alla fondazione della Società per gli studi trentini, e risultando eletto fra i cinque componenti la presidenza, come ricordano Garbari (2008) e Garbari et al. (1989). Poco dopo, il 14 settembre 1919, appariva sul “Giornale d’Italia forestale” il suo progetto Per l’istituzione di parchi nazionali nel Trentino (Pedrotti G., 1919). Nel suo progetto Pedrotti espone il suo pensiero distinguendo una parte generale e una parte speciale dedicata alle due zone che avrebbero dovuto venire considerate parchi nazionali in Trentino: uno nel Trentino occidentale, l’Adamello, e l’altro nel Trentino orientale, Le Pale di S. Martino. Per questa sua proposta per i parchi del Trentino, Giovanni Pedrotti si era ispirato al progetto per il Parco Nazionale d’Abruzzo. Infatti egli scrive che il progetto di costituzione del Parco Nazionale d’Abruzzo, per il quale già dai primi anni del ‘900 si occupano con singolare amore e competenza Pietro Romualdo Pirotta, Luigi Parpagliolo, Ercole Sarti, Erminio Sipari ed altri benemeriti (tutti citati dal Pedrotti), gli ha fatto nascere il desiderio di vedere attuato qualcosa di simile anche nelle valli trentine. Inoltre, nella nota redazionale che introduce lo scritto di Giovanni Pedrotti viene riferito che la Commissione sorta in seno alla Federazione Pro Montibus, che già aveva portato a compimento gli studi per il Parco Nazionale d’Abruzzo, avrebbe esaminato con il maggior interessamento se e in quanto la nuova proposta potrà essere tradotta in atto. Il ché non sembrerebbe fin da ora difficile, dato che le aree in cui dovrebbero sorgere i due nuovi parchi sono di proprietà demaniale.

Giovanni Pedrotti prosegue quindi con una considerazione che alcuni anni dopo si è pienamente realizzata in Italia, dove le condizioni della flora e della fauna e le stesse linee del paesaggio variano così grandemente da regione a regione, sarà logica la formazione di una intera serie di parchi nazionali.

La proposta di Giovani Pedrotti per i due nuovi parchi in Trentino venne subito ripresa da Luigi Vittorio Bertarelli, che era il Presidente del Touring Club Italiano, con un articolo sulle Vie d’Italia, nel quale descrive i due territori indicati da Giovanni Pedrotti e sostiene l’idea dei due nuovi parchi (Bertarelli, 1919).

Giovanni Pedrotti presenta dapprima una descrizione delle Alpi del Trentino: Esse infatti oltre ad esser dotate di bellezze naturali pari se non superiori a quelle di altre regioni alpine d’Italia (si ricordino i ghiacciai dell’Adamello e del Cevedale, le Dolomiti di Brenta e di Primiero, ecc.) si ammantano di una flora ricca e svariata; mantengono ancora gran parte di quella interessante flora alpina e montana, che in altre regioni dell’Europa meridionale ed occidentale è già presso ad estinguersi; nascondono infine dei tesori per il geologo e il mineralologo. Passando alla proposta dei parchi, dice che le nostre valli alpine sono ancora ricche di boschi, ma appunto per questo bisogna possibilmente prevenire e prevedere fin d’ora il pericolo che I’avidità del guadagno da una parte e il rifiorire di un più intenso turismo dall’altro, possono far correrà ai nostri boschi ed alla nostra flora alpina. Quanto alla fauna, l’orso è veramente limitato alle alte valli del Trentino occidentale. Anche per la fauna dunque i parchi nazionali potranno esercitare una funzione eminentemente benefica, perché si comporteranno come vaste riserve di caccia, assicurando cosi la continuazione di specie animali interessantissime per tutto il vasto territorio delle Alpi centrali.

Giovanni Pedrotti credo sia stato l’ultimo botanico e naturalista a vedere in Trentino gli ultimi resti di foreste mai tagliate dall’uomo; per l’alta valle di Fumo, infatti, scrive che le selve della valle di Fumo e delle convalli che vi mettono capo erano finora poco sfruttate per mancanza di strade e molte vecchie piante infracidavano sul posto. In un altro articolo, Pedrotti dice che in Val di Fumo le selve non erano sfruttate da nessuno e il legname marciva in piedi nei boschi. Queste osservazioni fanno pensare a foreste primarie in ottimo stato di conservazione e interessate dal processo della fluttuazione con gli alberi che compivano il loro ciclo completo in situ; situazione oggi non più riscontrabile, ma che dovrebbe essere possibile riconquistare nei parchi odierni, nelle aree destinate a riserva integrale.

La proposta di Giovanni Pedrotti ha trovato un’eco eccezionale al Senato del Regno. Infatti nel 1920 Benedetto Croce aveva presentato al Senato un disegno di legge per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico (disegno legge n. 204 del 25 settembre 1920). Nella relazione per l’aula predisposta dall’Ufficio centrale del Senato del Regno viene espresso il rammarico che il disegno legge di Benedetto Croce non prenda in considerazione l’istituzione di parchi nazionali come quelli già proposti, del Gran Paradiso e dell’Abruzzo, oltre che nei due luoghi suddetti nell’Adamello e nel Cimon della Pala, già indicati dalla pubblica stampa (Ufficio centrale Senato del Regno; vedasi anche Ceruti, 1993). Così, mentre i due parchi del Gran Paradiso e d’Abruzzo vennero istituiti poco dopo, nel 1922 e 1923 rispettivamente, dell’Adamello non si fece niente.

Dieci anni dopo, Giovanni Pedrotti ritornò sul problema del parco dell’Adamello con un articolo pubblicato nel 1928 sul Il Corriere del Cacciatore di Milano (Pedrotti G., 1928). Questa volta l’articolo è più documentato perché nel frattempo erano stati istituiti i due Parchi Nazionali d’Abruzzo (1922-1923) e del Gran Paradiso (1922). Il nuovo articolo contiene le stesse considerazioni di quello del 1919, ma in forma più ampia. Inizia con un cenno alle prime aree protette americane, la Riserva naturale delle Hot Springs del 1832 e il Parco Nazionale degli Stati Uniti del 1872, per continuare con i parchi nazionali italiani d’Abruzzo (ad opera di Pietro Romualdo Pirotta e di Erminio Sipari) e del Gran Paradiso (ad opera di Giorgio Anselmi). Venendo quindi al Trentino, Pedrotti osserva che il carattere essenziale per rendere possibile un parco è che dovrebbe abbracciare valli prive affatto di centri abitati, ricche solo di boschi, pascoli e selvaggina. Egli prevede che venga istituito un Ente per la manutenzione del parco, il quale dovrebbe avere a disposizione i fondi per indennizzare sotto forma di canone annuo le popolazioni locali. Il divieto di caccia nel parco per Giovanni Pedrotti dovrebbe essere assoluto. I boschi e le malghe, purché soggette ad un regime economico razionale, potrebbero benissimo venire goduti dai privati o dai comuni. Nell’ente di amministrazione dei parchi dovrebbero venire rappresentati il demanio forestale, i comuni ed i privati possessori del suolo, il C.A.I a mezzo delle sue sezioni, il Consiglio provinciale di Agricoltura e la Pro Montibus et Sylvis, che era la più importante associazione protezionistica del momento.

Sono già parecchi anni – scrive – e la proposta sembrami più che mai di attualità – come si suol dire – perché se da un lato abbiamo l’esperienza favorevole dei due parchi italiani già costituiti, dall’altra la nostra flora, ma sopra tutto la nostra fauna alpina, contenente delle forme già estinte o prossime all’estinzione nelle altre province d’Italia, ha più che mai bisogno di protezione severa ed efficace.

Giovanni Pedrotti parla poi dell’orso bruno che era ospite costante delle valli ed i pastori avevano sempre da raccontare delle storie più o meno paurose a suo riguardo. Però poco dopo aggiunge che certamente è prevedibile il giorno in cui nelle zone periferiche più battute da alpinisti e cacciatori (gruppo di Brenta, dintorni di Madonna di Campiglio) gli ultimi superstiti di questo plantigrado scompaiano. Invece la Val di Fumo, inclusa nel parco, è posta quasi al centro della zona abitata dall’orso e poco disturbata dagli alpinisti, per cui potrebbe costituire anche per esso, come per l’altra fauna, un’ideale zona di protezione. Il ragionamento è molto giusto, ma in Trentino l’idea di lasciare da parte 2-3 valli disabitate, tipo Val di Fumo, Val di Genova e Val di Tovel, non è mai stata accettata anzi è stata fortemente osteggiata.

Giovanni Pedrotti, che si dichiara fiducioso per il problema forestale, è invece “meno tranquillo” per un’altra grande attrattiva di quelle valli, l’acqua e le cascate. E continua: non c’è dubbio che gli specialisti in progetti idroelettrici che vanno alla caccia di forze da sfruttare e di progetti da vedere, ci avranno già messo gli occhi addosso. Bisognerebbe anche qui che lo Stato (come è intervenuto recentemente per l’incolumità del Parco Nazionale d’Abruzzo) potesse intervenire in qualche modo anche da noi, se non per proibire, almeno per cercare di contemperare l’incolumità del paesaggio con gli interessi delle grandi società idroelettriche e dei tecnici progettisti. Anche sotto questo aspetto, il vincolo imposto dalla costituzione di un parco nazionale sarebbe molto opportuno. Pedrotti aveva chiaramente intuito quello che poche decine di anni dopo sarebbe accaduto, con la captazione globale di tutte le acque dell’Adamello e della Presanella convogliate in galleria al Lago di Molveno per finire in quello di Castel Toblino. Soltanto la Val di Genova è stata salvata per volontà unanime dei protezionisti che sono intervenuti molto prontamente e dei politici del momento.

Il percorso per giungere all’istituzione di un parco nei gruppi dell’Adamello e delle Dolomiti di Brenta è stato lungo, complesso e difficile. Dopo la prima proposta di Giovanni Pedrotti del 1919, si susseguirono nel corso dei decenni successivi molte altre proposte (Bertarelli 1919; Gallarati Scotti 1928; ancora Giovanni Pedrotti 1928; de Beaux 1929; Castellí 1935; Tommaso Gallarati Scotti, Castelli, Stefenelli, Gian Giacomo Gallarati Scotti e altri 1936-1942; Gallarati Scotti 1943 (riserva naturale in Valle di Breguzzo); Paolo e Renzo Videsott 1949-1952; Fausto Stefenelli, 1949; GaIlarati Scotti 1954 (riserva naturale in Valle di Tovel); Vittorio Marchesoni 1959 (Val di Tovel); Benedetto Bonapace, Francesco Borzaga, Franco Pedrotti e Gino Tomasi, anni 1953-1987)

La proposta di Giovanni Pedrotti del 1919 si è realizzata dopo 70 anni, nel 1988, quando la Provincia Autonoma di Trento ha istituito il Parco Naturale Adamello Brenta.

Franco Pedrotti

Scarica il pdf