Guido Castelli (Trento 1876 – 1947) è un naturalista trentino autodidatta, che non aveva potuto terminare le scuole a causa delle difficoltà familiari: era rimasto orfano di ambedue i genitori ad appena 9 anni di età. Dopo un periodo trascorso in collegio, ha lavorato diversi anni come impiegato nel municipio di Trento, finché nel 1910 iniziò la sua attività al Museo di Trento come conservatore della Sezione di Ornitologia; nel 1929 venne assunto definitivamente al Museo per la sua competenza come tassidermista e naturalista, ma soltanto in qualità di amministratore economo.
Fin dagli anni giovanili, Guido Castelli ha avuto una grande passione per gli Uccelli, sia dal punto di vista strettamente scientifico sia per quello della tassidermia. Egli va considerato un ornitologo ed infatti è autore di diverse pubblicazioni sugli Uccelli del Trentino, nelle quali segnala anche specie rare e sporadiche. Nelle sale della vecchia sede del Museo di Trento, nel palazzo delle Scuole Verdi, si potevano ammirare le grandi collezioni di uccelli imbalsamati a cura di Guidi Castelli e grandi tavole delle migrazioni.
Un altro interesse di Castelli era quello per i Mammiferi; nelle vallate del Trentino egli ha raccolto moltissimi Micromammiferi, che poi venivano determinati a Genova da Oscar de Beaux e quindi collocati nelle collezioni del Museo di Trento. A proposito dei Mammiferi, vanno ricordate due monografie, quella dedicata all’orso bruno e quella al cervo europeo. Il libro sull’orso ha visto la luce nel 1935 e, oltre ai capitoli di carattere generale, contiene un elenco di orsi bruni uccisi in Trentino dal 1699 al 1934 (190 orsi) e notizie sulla presenza di tale specie in Trentino. La monografia sul cervo europeo è molto ampia sia nella parte generale sia in quella relativa alla corologia del cervo in Europa e in Italia. Sulle Alpi italiane, il cervo era ormai scomparso da tempo, ad eccezione di un piccolo nucleo nell’alta Val Venosta, formato da cervi provenienti dal Parco Nazionale Svizzero dell’Engadina da poco istituito. La monografia Fauna estinta e in via di estinzione sulle Alpi ha invece un duplice interesse; infatti oltre alle descrizioni scientifiche delle varie specie introduce anche il problema della loro protezione.
Guido Castelli era legato da una profonda amicizia con Oscar de Beaux, zoologo specializzato nello studio dei Mammiferi, ed era in contatto con molti altri studiosi come Giovan Battista Dal Piaz dell’Università di Padova, Camillo Richard di Torino e Eduard Paul Traz della Haus der Natur di Salisburgo.
L’ambiente naturale del Trentino con la sua fauna, tra cui i grandi mammiferi come l’orso e il cervo, ha rappresentato per Guido Castelli il punto di partenza per la sua idea di protezione delia natura; il suo messaggio, tuttavia, ha un valore universale che trascende di gran lunga i limiti della regione nella quale ha vissuto ed ha svolto la sua attività; ecco dove sta il grande valore della sua opera. Per Guido Castelli la protezione della natura è per tutti un dovere imprescindibile, una questione che si impone non solo dal punto di vista scientifico, faunistico, floristico, geologico, ma anche da quello estetico, forestale, cinegetico, ittico, ecc. È tempo che tra la maturità del senso civile e la febbre del consumo superfluo si interponga una legge di equilibrio e di economia che impedisca e compensi le perdite della natura (Castelli, 1935). Castelli era un uomo mite e buono, un amico della natura, egli ha avuto la capacità di intuire già nel corso degli anni ’20 la necessità della salvaguardia della natura e delle sue risorse e si è generosamente battuto senza nessun altro genere di interessi, per una concezione superiore del rapporto uomo-natura, che dovrebbe essere improntato al rispetto (nel territorio dei parchi) e ad un equilibrato uso (nei territori liberi).
Guido Castelli si è dedicato in forma concreta alla protezione dell’orso bruno in Trentino e all’istituzione del Parco Nazionale Adamello Brenta.
Per quanto riguarda l’orso, vi ha dedicato vari articoli e, in particolare, il libro L’orso bruno nella Venezia Tridentina del 1935. Con questo libro Castelli ha “lanciato” il problema della protezione dell’orso in Trentino, che era una specie che si poteva liberamente cacciare e infatti soltanto nel 1936 ne è stata vietata la caccia, finché nel 1939 è stato inserito nell’elenco delle specie protette.
Nel suo libro sull’orso bruno, egli presenta un progetto per l’istituzione di un parco di protezione nelle Dolomiti di Brenta, nel quale così enuncia i motivi avvaloranti l’istituzione del parco stesso: da tempo il movimento di protezione della natura, la necessità cioè di ristabilire le armonie turbate, sia dalla barbarie, sia dai bisogni dell’uomo, è entrato nella coscienza dei popoli: e l’uomo consapevole è corso, un po’ tardi invero, ai ripari; ed ecco a questo fine ha trovato opportuno se non precisamente necessario istituire delle bandite, dei luoghi di difesa, dei parchi di rifugio e di protezione per molte specie viventi, che altrimenti sarebbero state in breve condannate al totale sterminio. Parlando, quindi, in forma più specifica del Parco delle Dolomiti del Brenta, egli continua precisando che un parco di tal genere dovrebbe abbracciare valli prive affatto di centri abitati, ricche di boschi, pascoli, selvaggina. Tutto quanto riguarda l’assetto legale ed economico di questi territori montani o più propriamente alpini, non offrirebbe di conseguenza presumibili grandi difficoltà, poiché la creazione di esso apporterebbe ben piccole restrizioni ai possessori attuali di parte del territorio e si limiterebbe, in sostanza, alla proibizione della caccia e ad una saggia disciplina forestale. In altri scritti più recenti (1946), Castelli precisa che i parchi dovranno essere destinati anche alla ricerca scientifica, per cui accanto agli scopi economici ed a quelli turistici, sorgono attuali e predominanti gli scopi educativi.
Il Castelli pensava, evidentemente, alla Val di Tovel e alla Val di Genova, due valli prive di paesi ove gli insediamenti umani sono dati soltanto da malghe e ricoveri per pastori; in queste due valli e in qualche zona contermine, il parco si sarebbe effettivamente potuto organizzare molto bene.
Con il libro sull’orso bruno, Guido Castelli in pochissimo tempo riuscì ad ottenere l’adesione di moltissimi naturalisti italiani e stranieri. Fra i primi Oscar de Beaux, Francesco Chigi delia Rovere, che era il Direttore della rivista Rassegna Faunistica, Gustavo Brunelli, Alceste Arcangeli, Arturo Marescalchi, Alfredo Corti, Giovan Battista Dal Piaz, Luigi Fenaroli, Giuseppe Colosi, Bruno Parisi (di Trento, Direttore del Museo civico di Storia naturale di Milano); fra i secondi Stephan Brunies (Direttore del Parco Svizzero dell’Engadina), Roman Pushnig (Presidente del Museo regionale di Storia Naturale della Carinzia a Klagenfurt), Otto Steinböck (Museo di lnnsbruck), Hans Georg Stehlin (Museo dell’Università di Basilea), Lutz Heck (Direttore dello zoo di Berlino), Heinz Heck (Direttore dello zoo di Monaco di Baviera), Eduard Paul Tratz (Direttore della Haus der Natur di Salisburgo), Otto Wettstein (Università di Vienna). Tutte le lettere di adesione di queste personalità sono ora pubblicate nel libro Vicende storiche del Parco Naturale Adamello Brenta (Pedrotti F., 2008).
Poco tempo dopo la pubblicazione del libro sull’orso bruno, il 16 agosto 1936 per iniziativa di Tommaso Gallarati Scotti, fratello maggiore di Gian Giacomo, venne organizzato a Madonna di Campiglio un convegno dedicato al gruppo di Brenta ed alle possibilità della sua tutela mediante un Parco nazionale. Castelli era stato invitato a presentare un pro memoria, che ha letto al convegno di Campiglio (Castelli, 1936); il suo discorso è incentrato sulla tutela dell’orso, ma fa riferimento anche all’aspetto maestoso del paesaggio, alla geologia, alla flora, ai boschi. Fra le persone che hanno aderito vanno ricordati Oscar de Beaux, Francesco Chigi della Rovere, Gustavo Brunelli, Alceste Arcangeli, Arturo Marescalchi, Alfredo Corti, Giovan Battista Dal Piaz, Luigi Fenaroli, Giuseppe Colosi, Bruno Parisi, Guido Larcher, Italo Lunelli, Giuseppe Morandini, Antonio Pranzelores, Sisinio Ramponi, Stephan Brunies, Roman Pushnig, Otto Steinböck, Hans Georg Stehlin, Lutz Heck, Heinz Heck, Eduard Paul Tratz, Otto Wettstein e altri. A conclusione del convegno, i partecipanti hanno approvato un voto per l’istituzione di un parco nazionale nelle Dolomiti di Brenta, che offre tutte le garanzie e le condizioni adatte, in quanto privo di centri abitati, ricco di boschi e di selvaggina. Impossibilitato ad essere presente a Madonna di Campiglio, Gian Giacomo Gallarati Scotti si associa alle decisioni del convegno con una lettera scritta da Oreno il 15 settembre 1936 a Guido Castelli (Pedrotti F., 2008).
Seguì una intensa campagna giornalistica che si prolungò negli anni 1937-1939, alla quale parteciparono, oltre a Castelli, anche Gian Giacomo Gallarati Scotti e Fausto Stefenelli, che avevano conosciuto Guido Castelli proprio a seguito del suo libro sull’orso. Dopo alterne vicende, nel 1942 venne redatto un progetto legge per il parco a cura di Castelli e de Beaux (1940), ma i promotori romani dell’iniziativa (fra cui i Sen. Bonardi e Carletti) avevano un’idea abbastanza distorta di parco, per cui lo stesso Sen. Gallarati Scotti non aveva firmato il progetto legge. Il progetto si arenò poco dopo, a causa della guerra, ed è stato un bene che sia andata così, perché se fosse stato realizzato, avrebbe avuto poche caratteristiche di un parco di protezione a favore di un parco solamente a scopi turistici. Le vicende di questi anni sono esposte con dettaglio nel volume sulla storia del Parco Adamello Brenta di Pedrotti F. (2008).
Cessata la guerra, la campagna per l’istituzione del parco è ripresa nel 1946; attorno ad esso troviamo i vecchi collaboratori di anteguerra Oscar de Beaux, Gian Giacomo Gallarati Scotti e Fausto Stefenelli, a cui si sono uniti ben presto due nuovi personaggi, ambedue di Trento, e cioè i fratelli Renzo e Paolo Videsott. Castelli partecipò a questa fase della campagna per il parco con 6 articoli del 1946, in cui espone l’opportunità dell’istituzione del parco.
Il Castelli con il suo libro sull’orso e con la sua opera modesta e nello sesso tempo tenace, competente e soprattutto convinta, aveva contribuito alla “cementificazione” di un gruppo di protezionisti che continueranno anche dopo la sua scomparsa l’azione protezionistica, seppure fra incomprensioni e difficoltà non lievi; un gruppo di uomini di generazioni diverse che si sono trovati uniti dallo stesso ideale, scienziati, alpinisti, protezionisti e naturalisti di diversa estrazione che voglio qui ricordare: Oscar de Beaux, Gian Giacomo Gallarati Scotti, Fausto Stefenelli, Renzo Videsott e Paolo Videsott. Le lettere che si scambiavano, ricche di idee e di strategie che si ripromettevano di realizzare per raggiungere i fini che si erano proposti, sono ancora oggi di ammonimento. C’è da rammaricarsi, semmai, che al loro tempo siano stati così poco compresi e quasi mantenuti in una sorta di isolamento, che oggi risulta ancor più stridente con le idee piene di umanità e così altruistiche che cercavano di propagandare in tutti i modi. Ed oggi tutti possono constatare come essi fossero dalla parte della ragione, anche se ciò in molti casi è avvenuto troppo tardi. Essi sono stati dei veri pionieri della protezione della natura nel nostro paese. De Beaux (1997) ha scritto che Se il Castelli fu essenzialmente compilatore e divulgatore, fu divulgatore di Bene, fu tra noi precursore ed affermatore convinto e fattivo del “Movimenlo per la protezione della natura”
Quando nel 1946 Renzo Videsott ha istituito tramite il C.N.R. la Commissione di studio per la sistemazione dei parchi nazionali in Italia, ha fatto inserire il nome di Guido Castelli come segretario della stessa (Videsott R., 1946).
Guido Castelli è morto il 15 agosto 1947 nella sua abitazione di Trento; Stefenelli e Gallarati Scotti ne scrissero brevi necrologi nelle riviste venatorie Diana di Firenze e Andando a caccia di Milano. Il 21 agosto 1947 Fausto Stefenelli scrisse da Merano un’accorata lettera a Bruno Castelli, figlio di Guido, nella quale così parla dell’amico da poco scomparso: Dal giornale di Trento ho appreso ieri sera il nostro dolorosissimo lutto. L’improvvisa notizia – sebbene non del tutto inaspettata – mi ha colpito assai profondamente. Penso all’amico di tanti anni, amico veramente fraterno, malgrado la notevole differenza di età, penso alla nutritissima corrispondenza che ci scambiammo in oltre un decennio, penso alla benevolenza e all’assistenza di consigli, informazioni o materiale con cui sempre e disinteressatamente mi aiutò a coltivare quegli studi naturalistici in cui Lui era veramente un maestro. Il suo esempio di studioso e di divulgatore è il suo più bel merito ed è anche una lezione morale di umiltà e di utilità per molti nomi più famosi. Penso con rispetto e devozione a quest’uomo modestissimo, tenace, combattivo e realizzatore e mi duole soprattutto che in quest’ultimo anno, oltre alla durezza dei tempi che viviamo, si siano aggiunte per Lui le delusioni circa il progettato Parco del Brenta-Adamello.
Ecco, invece, cosa ha scritto Oscar de Beaux di Guido Castelli: Guido Castelli fu davvero un innovatore instancabile, tenace, direi quasi formidabile. Chi gli fu vicino di spirito, Io comprese, cercò di assecondarlo, ne godette la piena fiducia e la non facile confidenza; la vastissima corrispondenza che egli sostenne, le relazioni personali che cercò e coltivò con uomini politici, con studiosi, con tecnici, con compagni di fede; i viaggi che fece; le trepidazioni per cui passò, le speranze alle quali si riscaldò, le amarezze che talvolta lo prostrarono temporaneamente, la storica rassegnazione con cui molto sopportò, pur di riuscire a veder sorgere il Parco Nazionale dell’Adamello e del Brenta, per “conservare alle Alpi il loro orso” (de Beaux, 1997).
La sua città natale, compreso il Museo ove aveva lavorato per tani anni, se ne dimenticò, se facciamo eccezione per i ripetuti riferimenti al libro dell’orso bruno, il cui significato più ampio e più vero si può però comprendere soltanto se visto nel contesto di tutta la sua attività di naturalista e protezionista. L’unico breve necrologio che gli ha dedicato la città di Trento è stato quello de Il Cacciatore del Trentino del 1947. La sua biografia è stata pubblicata sulla rivista Natura Alpina soltanto nel 1990, a oltre 40 anni di distanza dalla sua scomparsa (Pedrotti F., 1999). Pochi mesi dopo Cecilia Videsott rinvenne nell’archivio di suo padre Renzo a Torino una biografia inedita di Guido Castelli scritta da Oscar de Beaux, anch’essa poi pubblicata su Natura Alpina (de Beaux, 1997). Il Museo di Trento ha saldato il suo debito con Guido Castelli soltanto di recente, con le parole che gli ha dedicato Gino Tomasi nel suo libro sulla storia del Museo (Tomasi, 2010).
Franco Pedrotti