Mare
Alla scoperta delle doti degli animali
… piccole particelle colpite dalla radiazione bianca del sole hanno la proprietà di diffonderne una parte in tutte le direzioni e la luce diffusa avrà un colore che tanto più tende all’azzurro quanto più piccole sono le particelle diffondenti …
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Dopo il bagno di mare si usa di solito abbandonarsi su una sedia a sdraio per asciugarsi al sole. Nel contemplare ciò che succede intorno, a qualche lettore sarà capitato di osservare una piccola creatura uscire dall’acqua e avanzare sulla spiaggia. L’inconfondibile modo di procedere, una successione di piccoli salti, permette di identificare l’animale. Viene comunemente chiamato pulce di mare.
Avanza a zig zag sulla sabbia per un lungo tratto. Talvolta si spinge in avanti fino a raggiungere la parte estrema della spiaggia vicina all’entroterra. Con una successione di giravolte vaga qua e là coprendo una zona della spiaggia di superficie relativamente ampia. Dopo una ventina di minuti di “esplorazione” compie un ultimo salto accompagnato da una rotazione che ne assesta il corpo in direzione del mare. Attraversa velocemente il tratto di spiaggia con una traiettoria praticamente rettilinea e si tuffa in acqua.
La stragrande maggioranza degli osservatori non è portata a domandarsi che senso abbia l’esibizione della pulce di mare. Sembra una delle tante stravaganze che, nell’ottica del profano, caratterizzano il comportamento del mondo animale.
Gli animali sono tutt’altro che stravaganti.
La pulce di mare si nutre di alghe che il mare deposita sulla spiaggia. Predilige quelle che hanno raggiunto il più avanzato stato di putrefazione. Di qui la ricerca di nutrimento nella parte della spiaggia più lontana dal mare dove il sole ha picchiato per giorni e giorni “cucinando” a puntino il suo cibo.
Ancor più raramente l’osservatore si pone il problema di come faccia l’animaletto dall’interno di un piccolo avvallamento di sabbia, per le dimensioni del suo corpo un vero e proprio cratere, a ritrovare la direzione del mare dato che gli ostacoli circostanti gli impediscono di vederlo.
La scienza ha dimostrato che la semplice valutazione dell’altezza del sole sull’orizzonte è sufficiente a indicargli la direzione del mare dal quale è emerso. Anche l’uomo può orientarsi con il sole alto sull’orizzonte ma a condizione che possieda un orologio. Punta la lancetta delle ore verso il sole: la bisettrice dell’angolo tra questa direzione e quella del segno sull’orologio marcato 12, ovvero mezzogiorno, corrisponde al Sud.
La natura ha fornito alla pulce di mare il dono di orientarsi senza ricorrere all’orologio. La capacità di avvalersi dell’altezza del sole sull’orizzonte al fine di individuare la direzione è stampata nel suo patrimonio genetico. Si supponga di trasportare un uomo bendato da una località del Tirreno in un bosco posto nell’entroterra dell’Adriatico. Nulla sapendo dell’entità dello spostamento egli sarà in grado, attraverso l’orologio e la posizione del sole, di individuare i quattro punti cardinali ma non sarà in condizione di stabilire la direzione da prendere per andare verso il mare.
La pulce di mare dovrebbe trovarsi nel medesimo stato di incertezza.
Se si raccolgono alcune centinaia di pulci di mare vissute “da sempre” sul Tirreno e le si trasportano dentro un sacco in una località dell’entroterra di Ostia si osserva che, una volta depositate sul terreno, si avviano tutte rapidamente verso il mare.
Si compia sulle pulci di mare lo stesso esperimento effettuato con l’uomo munito di orologio trasportandole in una località vicina all’Adriatico. Il loro innato senso di orientamento dovrebbe guidarle verso l’entroterra e non già verso il mare. All’atto pratico si osserva una profonda diversità di comportamento. Alcune si avviano verso l’entroterra, altre rimangono a gironzolare nella zona. Dopo aver percorso una serie di piccoli tratti verso un ampio spettro di direzioni la maggior parte delle pulci di mare finisce per avviarsi decisamente verso il mare. È stato scoperto recentemente che la Natura ha fornito alle pulci di mare un ulteriore modo di orientarsi. È del tutto diverso dall’altro. Nel patrimonio genetico dei piccoli animaletti c’è una informazione supplementare. L’azzurro del cielo è più “puro” in direzione del mare che in quella dell’entroterra!!
Se si effettua una serie di esperimenti sull’interazione della luce con le “cose piccolissime” si giunge a enunciare la seguente legge: piccole particelle colpite dalla radiazione bianca del sole hanno la proprietà di diffondere una parte in tutte le direzioni e la luce diffusa avrà un colore che tanto più tende all’azzurro quanto più piccole sono le particelle diffondenti. Questa affermazione non è corretta dal punto di vista della fisica. Tuttavia acquista piena validità in natura. Le più piccole particelle atmosferiche sono le molecole del miscuglio di gas che noi chiamiamo aria. In una giornata estiva l’intensità dell’azzurro dell’atmosfera sul mare può essere trenta volte maggiore rispetto all’entroterra!
La legge fisica che spiega l’azzurro del cielo fu intuita da Leonardo. Ha assunto la veste di relazione matematica verso la fine del secolo scorso [N.d.R. fine dell’Ottocento]. Soltanto oggi l’uomo scopre che, nella sua essenza pratica, fu impressa milioni di anni fa nei cromosomi delle pulci di mare a opera di quella fantasiosa entità che noi chiamiamo Natura.
Ottavio Vittori