Ozono

Il buco dell’ozono

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Lo strato di ozono che protegge la vita a scala planetaria è il risultato di un bilancio di processi fotochimici che tanto ne producono quanto ne distruggono.

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Questo articolo si prefigge di fare il punto sul problema del depauperamento, attualmente in corso, dello strato di ozono quale si configura nell’ottica scientifica.

Nel XIV canto dell’Iliade Omero racconta che il temporale lascia nell’aria un odore strano e pungente. Verso la fine del XVII secolo osservatori “più qualificati” rivelarono lo stesso fenomeno nelle vicinanze ci certe macchine elettriche primordiali e furono in grado di stabilire che l’odore strano e pungente era in qualche modo provocato dalla presenza di “elettricità nell’aria”. Un secolo dopo una serie di esperimenti scientifici mostrò che in realtà l’odore era dovuto alla presenza nell’aria di un gas “nuovo”, non contenuto cioè nell’atmosfera in condizioni normali. Si scoprì che la nuova sostanza aeriforme era composta di molecole che avevano ciascuna 3 atomi di ossigeno e che quindi la chimica indica con O3.

Ancora un composto di soli atomi di ossigeno ma diverso dalla molecola do ossigeno O2, costituita da due soli atomi di ossigeno, normalmente contenuta nell’aria. Il nuovo gas fu chiamato ozono, dal verbo greco “ozein” (mandare odore), per ricordare forse il modo in cui fu scoperto. Solamente quarant’anni fa si è riusciti a isolarlo ed è quindi da poco tempo che si sa tutto, o quasi tutto, sull’ozono.

Siamo in grado di dire non solo che le osservazioni di Omero avevano un senso fisico ma anche in che modo l’elettricità forma il nuovo gas nell’aria. Il campo elettrico produce scariche nell’atmosfera in quanto alcune molecole d’aria possiedono una carica elettrica. La radiazione cosmica, formata da particelle subatomiche ad altissima energia, che investe la Terra dallo spazio e la radiazione emessa dalle sostanze radioattive contenute nella crosta terrestre bombardano l’atmosfera strappando elettroni dagli atomi che formano le molecole del gas “aria”, normalmente neutre dal punto di vista elettrico.

Alcune molecole vengono così ionizzate, acquistano cioè una carica elettrica. Di molecole siffatte ce ne sono sempre nell’aria perché la radiazione ionizzante è permanentemente attiva. Le nubi temporalesche generano nell’atmosfera forti campi elettrici che agiscono sulle molecole cariche accelerandone il moto. Le molecole possono così acquistare grande velocità. Nell’urto con altre molecole, si rompono e le rompono producendo tra l’altro nuove cariche elettriche. Le scariche che si formano nell’aria sono innescate da questo meccanismo. Molecole che urtano l’una contro l’altra si scindono in atomi. La molecola di O2 si dissocia nei due atomi di ossigeno che la costituiscono, liberandoli nell’aria. L’ossigeno dell’aria in cui avviene la scarica è quindi presente in forma sia di molecole di O2 (quelle che non hanno subito scissioni), sia di atomi O. Taluni atomi O entrano in contatto con molecole O2 e si uniscono con esse formando molecole con 3 atomi di ossigeno: l’ozono, il gas nuovo dall’odore strano e pungente. I legami che tengono insieme i tre O nell’ozono sono però molto deboli. L’O3 è quindi un gas che vive poco, è instabile.

Quando gli astronomi degli inizi del secolo scorso [N.d.R. fine dell’Ottocento], già impegnati nello studio dello spettro della luce emessa dal Sole, si domandavano come mai la radiazione ultravioletta solare non raggiungeva il suolo, erano ben lungi dal pensare che il fenomeno che essi cercavano di spiegare avesse qualcosa in comune con le osservazioni di Omero.

Il Sole emette radiazione che comprende anche raggi ultravioletti. L’uomo produce con lampade ai vapori di mercurio questi raggi che trovano varie applicazioni in campo medico e anche negli istituti di bellezza in quanto provocano l’abbronzatura artificiale della pelle. Si tratta di una radiazione non visibile dall’occhio umano essendo di lunghezza d’onda minore di quella del colore violetto che è la più piccola lunghezza d’onda che stimola la visione dell’occhio. Ne è quindi al di là, ultra. Essa viene detta anche radiazione penetrante perché supera in qualche modo certe difese esterne delle cellule viventi. La stessa abbronzatura della pelle umana lo dimostra. L’uso corrente in medicina dell’ultravioletto come germicida è il risultato di esperimenti comprovanti che si tratta di una radiazione che ha effetti letali sulle forme elementari di vita.

Virus e batteri vengono uccisi dalla luce ultravioletta. Gli animali superiori non ne subiscono danni così drammatici anche se l’ultravioletto li acceca e provoca in essi il cancro della pelle. Quanto più la radiazione è ultra tanto più intimamente essa è assorbita in profondità. Quanto più intimamente è assorbita in profondità tanto più è dannosa.

La radiazione ultravioletta emessa dal Sole, proprio quella che è ultra la lunghezza d’onda letale per certe forme di vita, viene assorbita in blocco da qualcosa che si trova tra il Sole e la superficie della Terra. I gas che compongono la bassa atmosfera non sono assolutamente in grado di assorbirla. Si è scoperto che l’assorbitore della radiazione letale proveniente dal Sole risiede nell’atmosfera, ma molto al di sopra della nostra testa, a circa 20 ÷ 50 km di altezza nella stratosfera. È formato dall’ozono che è un componente permanente dell’aria a quelle quote.

Ma come si forma l’ozono nell’atmosfera superiore?

Si ritorna a un meccanismo simile a quello descritto per spiegare le osservazioni di Omero. Con la differenza che nell’alta atmosfera l’energia che scinde la molecola di O2 in due atomi di O è fornita dalla stessa radiazione ultravioletta proveniente dal Sole. L’ossigeno molecolare si unisce all’atomico e si forma ozono nell’aria.

Lo strato di ozono che protegge la vita a scala planetaria è il risultato di un bilancio di processi fotochimici che tanto ne producono quanto ne distruggono.

A partire dalla metà degli anni ’70 si è osservato che nell’Antartide lo strato di ozono era soggetto anno dopo anno a una sensibile progressiva diminuzione nel mese di ottobre e “soltanto nel mese di ottobre” (la primavera locale). Il buco dell’ozono, così è correttamente chiamato, si è via via approfondito tanto che la diminuzione dello spessore misurata nell’86 è stata di più del 90%.

Le svariate teorie avanzate in proposito hanno trovato un denominatore comune nel congresso sull’ozono svoltosi a Cottinga nel 1988. È opinione della stragrande maggioranza degli scienziati attivi nel settore che è in corso un processo di distruzione dello strato di ozono causato dai clorofluoroetani (aerosol, refrigeratori, schiume plastiche, ecc.). Queste sostanze, inerti chimicamente a bassa quota, vengono trasportate nella stratosfera dove la radiazione ultravioletta le scinde. Vengono così liberate nell’aria locale molecole che reagiscono con l’ozono distruggendolo.

È stato possibile stimare che dal 1955 ad oggi lo strato globale di ozono che ricopre la Terra si è ridotto del 5%. A questo corrisponde un aumento del 2% di casi di cancro della pelle.

Va fatto presente che l’imponente strato di ozono (spesso circa 30 km nella stratosfera) si ridurrebbe a uno straterello di spessore di “appena 3 millimetri” se fosse portato a pressione ambiente. Ciò dovrebbe dare un’idea dell’importanza che riveste per la vita sulla Terra anche un minimo depauperamento di questo strato.

In conclusione si può affermare che al di là di ogni ragionevole dubbio la immissione di clorofluoroetani nell’aria ha causato e causa nell’ozono stratosferico una malattia per certi aspetti simile alla peste. Il “buco” dell’ozono è paragonabile al bubbone. Tuttavia dovrebbe essere chiaro a tutti che è preoccupante solo perché è la manifestazione “visibile” di un male sottile, la peste, che ha colpito l’intero organismo. Ed è di quest’ultimo che l’opinione pubblica dovrebbe occuparsi. Il “buco dell’ozono” riveste una importanza notevole soltanto per gli studiosi in quanto nella stratosfera dell’Antartide i processi di distruzione dell’ozono avvengono in maniera più vistosa a causa di certe condizioni che si verificano soltanto in quella località. Non dobbiamo abbassare la guardia nell’apprendere che i sondaggi effettuati lo scorso anno hanno mostrato un parziale ricolmamento del “buco dell’ozono”. Rientra nella fenomenologia naturale come fluttuazione statistica. È del tutto irrilevante ai fini del pericolo che incombe sul futuro dei nostri figli e nipoti.

Detto in altri termini la nostra attenzione non deve concentrarsi sul “buco dell’ozono”. La società è chiamata a premere per salvare l’intero pianeta dal male sottile causatogli dai clorofluoroetani. E ciò è possibile soltanto diminuendo le emissioni di questi ultimi fino ad eliminarle. E bisogna fare presto poiché non è dato di prevedere qual è l’entità dei danni che deriveranno allo strato di ozono dai clorofluoroetani accumulatesi a tutt’oggi nell’atmosfera.

Fatti e non parole. Notizie sul “buco dell’ozono” servono soltanto ad alimentare discussioni inutili. Sembra tuttavia che non se ne possa fare a meno.

Proprio a proposito delle cause della peste di Milano, Manzoni afferma: «Si potrebbe però tanto nelle cose piccole come nelle grandi evitare, in gran parte, quel corso così lungo e storto, prendendo il metodo proposto da tanto tempo d’osservare, ascoltare, paragonare, pensare prima di parlare. Ma parlare, questa cosa così sola, è talmente più facile di tutte le altre messe insieme che anche noi, dico noi uomini in generale, siamo un po’ da compatire».

Ottavio Vittori

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