Nella seconda metà degli anni Sessanta del secolo scorso ho avuto occasione di percorre più volte il tratto di strada statale che lambisce ad est il paese di Monselice e di percorrere altresì molte delle panoramiche strade che si addentrano nei Colli Euganei. A un giovane naturalista, qual io ero, non potevano sfuggire certo le gravi mutilazioni che il caratteristico ambiente collinare euganeo stava subendo a seguito della sempre più aggressiva attività estrattiva.

Mi chiedevo come potesse accadere tutto ciò col tacito consenso della popolazione locale, ovvero senza che quest’ultima, o comunque la sua maggioranza, avesse avviato una qualche azione di protesta per pretendere la salvaguardia di un panorama di tale bellezza, di un panorama dove la presenza dell’uomo, dei suoi insediamenti e della sua laboriosità si coniugava in perfetta armonia con la natura.

Possibile che anche il mondo politico, e in particolare gli amministratori locali, mostrassero indifferenza per quanto stava accadendo e non si rendessero conto dell’irreparabile compromissione del loro territorio causato dagli scavi delle numerose cave?

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