Il Conte Gian Giacomo Gallarati Scotti (Oreno 1886 – Venezia 1983) apparteneva ad un’antica famiglia aristocratica di Milano. Suo padre era il Duca Giancarlo Gallarati Scotti, principe di Molfetta, suo fratello maggiore era Tommaso Gallarati Scotti, scrittore e letterato di ispirazione cattolico-liberale. Laureatosi in Giurisprudenza all’Università di Genova, visse per diversi anni in Eritrea e quindi durante la prima guerra mondiale combatté sull’Isonzo. Dopo la guerra ritornò ancora in Eritrea e quindi passò in Libia, ove nel 1925 durante una spedizione all’oasi di Giarabub venne ferito ad un braccio e tornò in Italia come grande invalido. Nel 1934 venne nominato senatore del regno in riconoscimento dei suoi meriti e del suo sacrificio. Venne quindi nominato podestà di Oreno e poi di Vimercate e il 13 giugno 1938 di Milano. Il 25 luglio 1943 si dimise ed ebbe così inizio il suo lungo periodo di vita privata. Nel 1945, dopo la liberazione, non gli fu contestato nulla, perché nulla vi era da contestargli, come ha scritto Ginori sulla Nazione di Firenze del 1979. E il cugino Gian Vico Borromeo in un articolo commemorativo pubblicato nel 1983 su Il Giornale ha scritto che “la vita di Gian Giacomo Gallarati Scotti fu adamantina e lo fu fino alla morte”. Tuttavia soltanto nel 1987 il suo nome è stato aggiunto all’elenco dei sindaci di Milano, sulla lapide collocata nello scalone d’onore di Palazzo Marino.
Gian Giacomo Gallarati Scotti durante il periodo della gioventù trascorreva la sua vita nel palazzo avito di via Manzoni a Milano, la villa di Oreno e Madonna di Campiglio. La villa di Oreno, che si trova sull’ultimo gradino della Brianza, era molto amata dal conte per il grande parco che la circondava, “il mio selvoso biotopo“, come ebbe a chiamarla più tardi. Il conte Gallarati Scotti ha sempre riservato molte cure al grande parco che circonda la villa neoclassica di Oreno e negli ultimi anni della sua vita diceva agli amici che il parco era il ritratto che lasciava di sé; intendeva dire che con l’aiuto della natura era riuscito a creare un ambiente in cui sentiva di riconoscersi.
Ma molto importanti sono stati anche i soggiorni a Madonna di Campiglio, ove la famiglia fin dal 1885 si recava per la villeggiatura estiva: quell’astro a sé che era la Madonna di Campiglio oggi deturpata dal cemento e dall’asfalto e resa banalmente chiassosa, come ha scritto nel libro di memorie “Mondo nero e mondo bianco sul finire del 1800 a Milano”, stampato a Vimercate nel 1973. A Campiglio la famiglia Gallarati Scotti veniva ricevuta dall’imperatore e dall’arciduca Alberto. Il duca Giancarlo Gallarati Scotti, padre del conte, verso la fine dell’800 aveva preso in affitto per la caccia dal Capitanato distrettuale di Tione la zona di Vallesinella, allora vallata piena di fascino per le selve cupe e silenziose, come scrive il conte, che continua: quella valle era stata desiderata da mio padre per la caccia all’orso, allora abbastanza frequente nel vasto comprensorio che includeva l’alto Chiese, tutte le vallate del Sarca e del massiccio dolomitico del Gruppo di Brenta. La Madonna di Campiglio in quell’epoca era un magnifico parco naturale senza fabbricati, senza ignobili casermoni, senza quei detestabili garages che deturpano quasi tutti i soggiorni alpini, né oscure taverne per notturne bisbocce …
La vocazione per la terra, per il paesaggio, per l’ambiente, si era sviluppata e consolidata in Gian Giacomo Gallarati Scotti sicuramente in famiglia, nella grande villa di Oreno con il suo grande parco e con lo sfondo del Resegone che domina da lontano, e consolidata con i viaggi in Africa e i soggiorni a Madonna di Campiglio. Michele Mauri, che è Autore di una bellissima biografia di Gian Giacomo Gallarati Scotti (Mauri, 2002), scrive a tale riguardo che il vecchio principe di Molfetta [padre del conte], con la sua passione per la montagna, l’escursionismo e gli animali, aveva tracciato attorno al figlio un circolo magico, dal quale era impossibile evadere. Così, a partire dagli anni Venti, Gian Giacomo Gallarati Scotti iniziò a dedicare risorse ed energie agli studi naturalistici, indirizzando in particolare i suoi sforzi verso la protezione dell’orso bruno. Il duca Giancarlo, principe di Molfetta e padre di Gian Giacomo, a Oreno teneva in un recinto un orso bruno, di nome Griso, con il quale si esibiva in pubblico, anche a Monza di fronte al Re Umberto I e alla Regina Margherita.
L’attività protezionistica del conte Gian Giacomo Gallarati Scotti ebbe inizio nel 1928, quando ha preparato un memoriale per la costituzione del Parco Nazionale Adamello-Brenta, che egli chiamava “Parco Nazionale di Madonna di Campiglio”; il progetto del conte era nato del tutto indipendentemente da quello di Giovanni Pedrotti del 1919. Il memoriale venne presentato all’Orto Botanico dell’Università di Padova durante una seduta della Società Botanica Italiana dal conte Alessandro Marcello di Venezia (Marcello, 1928; Anonimo, 1929) e venne quindi inoltrato al Sen. Cesare Nava, Ministro dell’Economia nazionale, ma – nonostante una prima risposta positiva – non ebbe seguito.
Negli anni successivi il progetto per il nuovo parco era stato ripreso con il convegno di Madonna di Campiglio del 1936, a cui fece seguito un’intensa campagna di stampa, alla quale aveva aderito anche il conte Gallarati Sotti. Fra i vari contributi di questo periodo, ricordo quello della rivista La Rassegna Faunistica di Roma del 1937, un articolo di una lungimiranza e attualità eccezionali per i concetti e le proposte che contiene: Il numero crescente dei parchi nazionali, istituiti in tutte le parti del mondo, è chiara prova che l’umanità, mentre è in continua ascesa nei campi del progresso meccanico, riconosce la necessità di conservare qualche angolo appartato alla legislazione della natura, per non cancellare dalla superficie del globo elementi su cui appoggiare preziose esperienze per l’avvenire (Gallarati Scotti, 1937). Continua affermando che scientificamente i grandi parchi nazionali sono veri e propri laboratori della natura, indispensabili all’investigatore per attingervi notizie positive sull’equilibrio biologico naturale indisturbato, o almeno moderatamente sorvegliato dall’uomo, per trarre attendibili induzioni sulle possibilità di convivenza fra l’uomo e la natura selvatica. Per il Brenta-Adamello conclude dicendo: in esso si potranno fare studi realmente proficui sulle possibilità di equilibrio naturale fra le varie specie animali, le interdipendenze fra rapaci, corvidi e piccoli uccelli e così via.
A maggior precisione di quanto da me scritto nel libro Il fervore dei pochi (Pedrotti F., 1998), voglio qui precisare che nel 1942 i Sen. Carlo Bonardi e Ottorino Carletti presentarono un progetto legge per il nuovo parco, che però aveva intendimenti quasi esclusivamente turistici; così Gallarati Scotti non firmò il progetto, il quale però si è subito arenato a causa della guerra. Per tutti i dettagli che si riferiscono a questa complessa e intricata vicenda, rimando al mio libro Vicende storiche sul Parco Naturale Adamello Brenta (Pedrotti F., 2008).
Viste le continue difficoltà per l’istituzione di un parco, Gallarati Scotti pensò allora all’ipotesi di riserve naturali, territori di più piccola estensione, da scegliere in zone ad elevato valore naturalistico. Così nel 1943 propose la Valle di Breguzzo e nel 1954 la Valle di Tovel. E scrive: anche se la così detta civiltà impone deturpazioni paesaggistiche, se la tecnica trasforma in energia puri e scroscianti ruscelli, se il turismo richiede strade asfaltate, alberghi, posti di ristoro, distributori di benzina, ecc., non è forse prezioso elemento, appunto e soprattutto agli effetti turistici, conservare alcune fra le più tipiche vallate nella loro genuina, incontaminata bellezza? Perché non riservarne per Io meno una alla gioia di una conquista quasi esplorativa, senza l’ausilio del motore, della seggiovia, della teleferica? Gallarati Scotti con le sue parole intende mettere in evidenza l’importanza dell’area di Tovel, che avrebbe dovuto corrispondere a una riserva integrale da dedicare alla ricerca scientifica e ad un disciplinato turismo, cosa che non è mai stata fatta ne prima ne dopo la stessa istituzione del Parco Naturale Adamello Brenta.
È giunto ora il momento, dopo una così ampia introduzione, di parlare dell’argomento che più stava a cuore a Gallarati Scotti: quello dell’orso bruno del Trentino, che era la sua passione, come lui stesso ha dichiarato: Mi preoccupano gli stambecchi, mi preoccupano le magnifiche specie degli orsi e dei camosci d’Abruzzo, del daino e del muflone di Sardegna, penso alla foca monaca che un giorno ho visto emergere dalle acque del Mediterraneo. Ma Ia mia malattia, forse voi lo sapete, è l’orso bruno dell’Adamello e del Brenta. Per queste povere bestie che si stanno arroccando lassù in una suprema difesa, io invoco consiglio e protezione. A noi decidere: il loro habitat naturale dovrà mutarsi in una tomba o diventare luogo di rigenerazione e di vita?
Così, perdurando le difficoltà e continuando gli atti di bracconaggio all’orso in diverse località del Trentino occidentale, il Gallarati Scotti organizzò a Trento un convegno internazionale per la protezione dell’orso, con la partecipazione di molti naturalisti e protezionisti, fra cui Marcel Couturier di Grenoble, il maggior conoscitore dell’orso del momento, Claude Chavane di Parigi, Oscar Grimus von Grimburg (Austria), Heck (Germania) e Eduard Paul Tratz, Direttore della Haus der Natur di Salisburgo. Fra gli Italiani vanno ricordati Claudio Barigozzi, genetista dell’Università di Milano, Renzo Videsott, Fausto Stefenelli, Bruno Castelli (figlio di Guido), Franco Pedrotti, Franco Ceroni Giacometti, Carlo Vignati, e dalle valli del Trentino Giulio Boni, Benedetto Collini, Fulgido Ferrari, Dante Molinari, Mario Tisi e altri. A conclusione del convegno, venne approvato un documento in cui si chiede – fra l’altro – l’istituzione di una riserva naturale a Tovel. Era presente anche l’Assessore regionale Ottorino Pedrini, il quale in chiusura ha dichiarato che la regione Trentino-Alto Adige avrebbe approvato un provvedimento per l’indennizzo immediato dei danni provocati dall’orso. E questo è stato un grande risultato positivo del convegno! E così Dino Buzzati ha potuto annunciare sul Corriere della Sera: Riabilitati con formula piena i superstiti orsi delle Giudicare.
Il 12 giugno 1957 Gian Giacomo Gallarati Scotti indisse una riunione ad Oreno durante la quale propose la fondazione dell’Ordine di San Romedio per la protezione dell’orso bruno e della maggior fauna italiana. Il nome di San Romedio deriva dall’eremita che viveva in un recesso della Val di Non, dove aveva ammansito un orso, per cui è sempre rappresentato con un orso al suo fianco. Anche questa volta era presente Dino Buzzati, che poi scrisse sul Corriere della Sera: I protettori degli orsi fondano l’Ordine di San Romedio.
Negli anni successivi (1958, 1959 e 1960) Gallarati Scotti indisse tre convegni degli associati all’Ordine nel santuario di San Romedio, con la partecipazione del solito gruppo di appassionati e di insigni naturalisti come Alessandro Ghigi. Questi tre convegni hanno sicuramente contribuito a far conoscere il problema dell’orso e della sua protezione. Gallarati Scotti per alcuni anni ha pubblicato l’Albo degli associati all’Ordine di San Romedio, fra i quali figuravano molti naturalisti e protezionisti del Trentino e di altre regioni d’Italia. Qualche anno dopo Gallarati Scotti chiamò a far parte dell’Ordine anche Franco Zunino e Franco Tassi, ristabilendo cosi quel collegamento con la Marsica e con il Parco Nazionale d’Abruzzo, che già c’era stato alcuni anni prima attraverso l’Avv. Francesco Saltarelli di Pescasseroli, Direttore del parco.
Nel 1986 è stata collocata una targa a San Romedio in memoria di Gallarati Scotti.
Molteplici furono gli interessi di Gallarati Scotti per i vari problemi di carattere protezionistico, ma quello che maggiormente lo assorbì è stato sicuramente la protezione dell’orso bruno del Trentino, per il quale dispiegò non poche energie e tempo. Quando era senatore del regno fece inserire l’orso fra le specie protette, prima era sottoposto alla libera caccia; elaborò quindi diversi progetti per l’istituzione di parchi e riserve e per la riforma dei parchi esistenti, come quello dello Stelvio; partecipò alla fondazione del Movimento Italiano per la Protezione della Natura (24 giugno 1948) con una riunione preliminare che ebbe luogo nel monumento del Nettuno esistente nella villa Gallarati Scotti di Oreno; a conclusine della riunione venne approvato un protocollo di intesa, mentre l’assemblea costitutiva vera e propria ebbe luogo il giorno dopo, 25 giugno, al Castello di Sarre in Val d’Aosta, alla quale tuttavia il conte non prese parte. Successivamente, il conte è stato il Presidente della Sezione di Milano del Movimento; infine, va segnalato che ha dato il suo patrocinio alla costituzione dell’associazione italiana per il W.W.F., di cui ha fatto parte del Comitato d’onore.
Il conte Gian Giacomo Gallarati Scotti, assieme a Renzo Videsott, Alessandro Ghigi e Lino Vaccari, è stato fra i pochi protezionisti che l’Italia ha avuto e che hanno operato con continuità per un arco così lungo di anni, fino alla conclusione della loro vita.
Franco Pedrotti