Il Prof. Alessandro Ghigi (Bologna 1875 – 1970) è nato in un’antica casa del centro di Bologna situata in una di quelle tipiche strade affiancate dai portici su ambedue i lati; quivi è stata collocata a cura degli allievi di Bologna una targa muraria alla sua memoria. A Bologna ha trascorso i primi anni della giovinezza, mentre ha assolto gli studi secondari nel collegio dei padri Scolopi alla Badia Fiesolana sulla collina di Firenze. Nel 1896 si è laureato in Scienze Naturali all’Università di Bologna ed ha subito iniziato la carriera universitaria, con la libera docenza in Zoologia (1902) e con la cattedra di Zoologia dapprima all’Università di Ferrara e poi a Bologna. La sua opera scientifica comprende circa 370 pubblicazioni (compresi alcuni trattati) su argomenti di Zoologia generale e sistematica, Faunistica, Zoologia applicata e Avicoltura. Nel 1933 ha fondato il Laboratorio di Zoologia applicata alla caccia, nel quale per lunghi anni è stato suo stretto collaboratore il Prof. Augusto Toschi, pure lui studioso di Ornitologia. L’attività del Laboratorio è stata illustrata con dettaglio da Spagnesi e Zambotti (2000), Spagnesi ne è stato anche il direttore dopo la scomparsa di Augusto Toschi. Nel 1977 il Laboratorio è diventato l’Istituto Nazionale di Biologia della Selvaggina e nel 1992 l’Istituto Nazionale per la Fauna selvatica “Alessandro Ghigi” con sede a Ozzano Emilia; alcuni anni dopo (2007), però, l’Istituto venne aggregato all’I.S.P.R.A. come sezione distaccata e quel nome di Alessandro Ghigi è sparito. Forse si sarebbe potuto lasciare il nome di Ghigi alla sezione distaccata; eliminare un nome, quando è stato dato, è un fatto molto sgradevole, detto in poche parole, è una vergogna per quelli che lo hanno voluto e per quelli che lo hanno permesso.

Dal 1930 al 1943 è stato rettore dell’Università di Bologna, un periodo di grande impulso e sviluppo per l’università, con la costruzione di molti nuovi istituti; il rettorato di Ghigi è stato analizzato in dettaglio da Zambotti (2012), che mette bene in evidenza l’operato di Ghigi, sottoposto dopo il 1945 a ingiuste critiche.

Dopo il 25 luglio 1943 Alessandro Ghigi deve lasciare il rettorato e si ritira nella sua villa sul colle di Ronzano fino alla fine della guerra. Il 5 aprile 1945 viene arrestato e incarcerato per 40 giorni; il 16 giugno 1945 il Comitato di epurazione gli notifica la proposta di sospensione dall’università, ma conclude il suo rapporto in questo modo: durante il suo rettorato egli svolse opera fattiva, proficua per l’università e non svolse mai opera faziosa improntata al malcostume fascista. Ghigi viene sospeso dal servizio, la Facoltà di Scienze il 6 novembre dello stesso anno raccomanda al Ministero della Pubblica Istruzione di trattenerlo in servizio. Nel 1947 ottiene la piena riabilitazione e viene riammesso all’università; per raggiunti limiti di età viene collocato a riposo nel 1950. I giudizi aspramente negativi nei suoi confronti a causa del suo rettorato a Bologna, che è coinciso con il periodo fascista, contenuti nella biografia di Lama (1993), fra l’altro incompleta e tendenziosa, hanno dispiaciuto non poco a tutti quelli che hanno conosciuto e stimato Ghigi per la sua attività scientifica e protezionistica. Molto dura è l’introduzione al libro di Lama scritta dal rettore Fabio Alberto Roversi Monaco; una sorta di sentenza senza possibilità di appello, dalla quale ne esce un Ghigi grande sì, ma completamente asservito al regime.

Alessandro Ghigi ha mostrato fin da giovane uno spiccato interesse nei riguardi degli animali soprattutto uccelli; il padre Callisto Ghigi era ornitologo per passione e si interessava dell’allevamento di piccioni viaggiatori e di altre specie di uccelli.

Le origini dell’interesse e dell’impegno protezionistico di Ghigi vanno ricercate negli ambienti ove ha vissuto da giovane, dapprima la collina di Bologna quindi quella di Firenze. Nella campagna attorno alla villa di Ronzano, Ghigi fanciullo si divertiva a correre e saltare per i campi, dietro agli animali e specialmente ai polli ed ai piccioni. Nella sua Autobiografia (Ghigi, 1995) aggiunge: Mio padre era un grande amatore di uccelli e specialmente di polli e piccioni. Io ho ereditato da lui e forse da qualche antenato eguale passione: il mio divertimento era quello di correre alla villa a vedere questi animali, che anche tormentavo perché mi piaceva vederli volare. La collina di Firenze ha molto impressionato il giovane Ghigi, quando studiava alla Badia Fiesolana: il panorama di Firenze continuamente di fronte a me, i boschi di Vincigliata e di Castel Poggio, il corso dell’Arno visibilissimo oltre Signa, Monte Ceceri roccioso e Villa Salviati boscata hanno infuso in me quell’ardente passione per le bellezze naturali del nostro paese che anima la mia vecchiaia. Un altro zoologo italiano, il Prof. Oscar de Beaux, ricorda quasi con le stesse parole di avere provato le stesse sensazioni al Viale dei Colli, al Poggio Imperiale e nel giardino di Boboli.

Grande importanza per Ghigi hanno avuto anche i viaggi degli anni ’20 nei parchi nazionali americani, dei quali ha lasciato descrizioni piene di ammirazione. Sovente accenna allo stupore che provava di fronte agli animali, ma anche ai grandi alberi come le sequoie e agli ambienti naturali come le cascate del Niagara, Yosemity, il Gran Canyon, l’Ontario, le Montagne Rocciose e così via. A proposito delle sequoie ha scritto: il naturalista è scosso di fronte alla grandezza ed alla resistenza di questi organismi. E quindi prosegue: tutto intorno è silenzio, non di morte ma di maestà …; se alle piramidi l’uomo si inchina innanzi alla maestà della morte, qui si inchina innanzi alla maestà della vita.

L’attività di Alessandro Ghigi per la protezione della natura si può dividere in due periodi: gli anni di inizio secolo dal 1900 al 1933 (quale pioniere) e gli anni del dopoguerra, dal 1947 al 1970 (quale realizzatore) e si può ricondurre ai seguenti aspetti principali.

Nel 1900, quando aveva 25 anni, ha partecipato in prima persona alla fondazione a Bologna della Sezione Emiliana della Società Pro Montibus et Sylvis e nel settembre dello stesso anno, durante il congresso di tale associazione ai Bagni della Porretta, ha letto una relazione su protezione degli uccelli e agricoltura, che si può ritenere il suo primo intervento di carattere protezionistico.

Negli anni 1911-1916 ha pubblicato le due monografie Mammiferi italiani che formano oggetto di caccia e Mammiferi italiani considerati nel loro rapporto con l’agricoltura, che hanno permesso di conoscere per la prima volta la distribuzione in Italia delle principali specie di Mammiferi. Nel 1907 Ghigi ha pubblicato in manualetto dal titolo “Caccia“, nel quale si parla anche di diminuzione della selvaggina e sue cause e si afferma che causa principale di tale fenomeno è il bracconaggio. Ghigi ha dedicato molti studi alle specie faunistiche oggetto di caccia ed anche all’avicoltura. Un’altra attività importante di tale periodo è stato il suo intervento del 1911 sul ripopolamento delle foreste inalienabili dello Stato, quando si trattava di salvare il camoscio d’Abruzzo dopo la soppressione della riserva reale di caccia e di costituire il parco nazionale.

Il secondo periodo dell’attività di Alessandro Ghigi nel campo della protezione della natura inizia negli anni del dopoguerra ed è caratterizzato, rispetto a quello di inizio secolo, da un maggiore e più vasto impegno applicato alle differenti realtà ambientali, anche se la sua attività di scrittore nel campo delle scienze naturali è continuata con pari intensità.

Nel 1947 ha dato alle stampe il libro “Fauna e Caccia” nel quale vengono illustrati i problemi venatori del nostro paese, ma vengono messi in risalto anche gli aspetti protezionistici connessi; un ampio capitolo è dedicato ai parchi nazionali esistenti in Italia (i 4 classici parchi dell’anteguerra e cioè Abruzzo, Gran Paradiso, Circeo e Stelvio), che allora versavano in una situazione molto precaria per non dire disperata.

Nel 1951 Ghigi ha promosso l’istituzione della Commissione per la conservazione della natura del C.N.R., che va considerata la continuazione della precedente Commissione per i parchi nazionali, che ha funzionato negli anni 1946-1948 per iniziativa di Renzo Videsott. La Commissione per la conservazione della natura funzionava come organo interno di consulenza del C.N.R., ma ha subito avuto una grande importanza per i pareri che esprimeva, per i voti e ordini del giorno che approvava e per l’organizzazione di incontri e congressi. Ghigi ha presieduto la Commissione dal 1951 al 1970, anno della sua morte. Il lavoro svolto dalla Commissione è stato veramente enorme ed ha toccato moltissimi problemi ambientali di quegli anni (Spagnesi e Zambotti, 2001).

È stato nell’ambito della Commissione che Alessandro Ghigi ha avuto l’idea di promuovere il “Libro bianco sulla natura in Italia“, contributo dell’Italia all’anno europeo per la protezione della natura (il 1970). I Libro Bianco ha visto la luce nel 1971 a cura di Longino Contoli e Salvatore Palladino, pochi mesi dopo la scomparsa di Ghigi, di cui però contiene la presentazione. In essa Ghigi mette in evidenza soprattutto la scomparsa dalla cultura italiana dell’interesse per la natura e la conseguente mancanza di interesse naturalistico nel popolo italiano. Sottolinea, inoltre, che l’azione protettiva deve essere continua e parte integrante della politica del paese. Cioè proprio l’opposto di quanto fa l’Italia in questi ultimi 10-20 anni, nonostante al posto della Commissione oggi ci sia addirittura il Ministero dell’Ambiente.

Dopo la morte di Ghigi, gli successe quale Presidente il Prof. Giuseppe Montalenti, finché nel 1980 il C.N.R. fra la meraviglia di tutti ha soppresso la Commissione e così l’Italia è stata privata del solo organismo in grado di pronunciarsi con competenza e autorevolezza sui problemi ambientali.

Altre attività di Alessandro Ghigi riguardano la rivista Natura e Montagna, il libro La Natura e l’Uomo, i congressi di Bologna del 1959 e di Roma del 1964.

Nel 1954, assieme ad un gruppo di naturalisti bolognesi che facevano capo alle due associazioni Unione Bolognese Naturalisti e Società Emiliana Pro Montibus et Sylvis, Alessandro Ghigi ha iniziato l’edizione della rivista Natura e Montagna; nell’editoriale apparso sul primo numero egli precisa gli scopi della nuova rivista: L’Italia è, purtroppo, uno dei paesi in cui la cultura naturalistica è quasi assente, non solo nel popolo ma anche nelle sue classi dirigenti; tale deficienza è una delle cause maggiori dalle quali sono scaturiti danni gravissimi, come il disboscamento e la degradazione dei monti, lo spopolamento della montagna, le inondazioni del piano. Istruire il popolo e ricondurlo all’amore della natura; mostrare con le opere tecniche e pratiche l’utilità dell’istruzione naturalistica è l’aspirazione dei due sodalizi che si accingono, con modestia e fiducia, alla pubblicazione di questa rivista.

Non abbastanza soddisfatto dell’enorme lavoro svolto o forse conscio di quanto ci sarebbe ancora stato da fare, congedandosi dalla direzione di Natura e Montagna che aveva diretto dal 1954 al 1966, Ghigi scrisse che le nuove generazioni assicureranno quella protezione della natura che finora è mancata. Ed aveva proprio ragione!

Nel 1955 Ghigi ha pubblicato un libretto a carattere divulgativo che ha avuto una vasta diffusione, La Natura e l’Uomo, con quattro edizioni. Nell’introduzione di questo libretto, Ghigi precisa che una precedente pubblicazione di Renzo Videsott, La natura fonte preziosa e vulnerabile dei beni a noi necessari, può essere considerata come il sommario del suo libro.

Nel 1959 Ghigi ha organizzato a Bologna a nome della Società Emiliana Pro Montibus et Sylvis e della Commissione per la Conservazione della Natura del C.N.R. il “Congresso nazionale per la protezione della natura in relazione ai problemi dell’economia montana”, che ha avuto una grande partecipazione di un pubblico molto qualificato. A conclusione del congresso sono state approvate mozioni in materia di istruzione naturalistica, difesa del suolo, flora, parchi nazionali, protezione della fauna, turismo ed altri temi affini, allegate al volume degli atti, a cura di Ghigi. Nel discorso di presentazione del congresso Ghigi sottolinea che è fondamentale creare un’opinione pubblica, e quindi anche una classe dirigente, che sia consapevole dell’importanza, anche economica e sociale, delle manifestazioni e dei fenomeni naturali: e questo è compito specifico della scuola. E poi continua dicendo che nella scuola elementare il fanciullo deve essere stimolato ad osservare e a rendersi conto dell’ambiente che Io circonda. Un’altra importante considerazione di Ghigi riguarda il tema della difesa del suolo: è assolutamente indispensabile adoperarsi per impedire che altri danni irreparabili si verifichino nelle nostre montagne, onde occorre che tutti i provvedimenti in materia di difesa del suolo, delle sorgenti, dei corsi d’acqua, ecc., siano tra loro meglio coordinati. Certe prese di posizione di politici e ambientalisti odierni in tema di salvaguardia della montagna sembrano quasi ridicole e brutte copie delle parole di Ghigi di 60 anni fa.

A distanza di pochi anni, nel 1964, l’Accademia Nazionale dei Lincei organizzava a Roma un convegno dal tema “La protezione della natura e del paesaggio” e Alessandro Ghigi ne fu il Presidente. Rispetto al congresso forestale del 1959, questa volta le parole introduttive di Ghigi sono molto più dure e circostanziate. Egli parla di attentati alle bellezze naturali dell’Italia, speculazione trionfante, turismo esercitato in forma controproducente e irrazionale, manomissione di vallate alpine, attentati al Parco Nazionale del Gran Paradiso per la captazione di acque a scopo idroelettrico, fauna terrestre pressoché distrutta ad opera di sparatori che si qualificano cacciatori, uso indiscriminato di insetticidi, speculazioni private nei parchi nazionali d’Abruzzo e del Gran Paradiso. Il linguaggio usato, lo stile, il modo di affrontare i problemi non sono più soltanto quelli dell’accademico, del professore universitario che è stato anche magnifico rettore dell’Università di Bologna, ma sono soprattutto quelli del protezionista convinto e appassionato, dell’ambientalista preoccupato per il futuro del suo paese e delle sue risorse naturali. Le conoscenze scientifiche costituiscono ancora la base dei suoi interventi, che ora però sono illuminati da una luce nuova e ispirata a valori superiori e molto profondi.

A partire dagli anni ’60, Alessandro Ghigi intraprende un’altra lunga serie di viaggi intorno al mondo. Le impressioni riportate sono analoghe a quelle dei viaggi degli anni ’20, con la stessa freschezza e spontaneità, anche se Ghigi è ormai molto avanti con l’età. In esso si ritrova lo stesso giovanile stupore; quando in Gran Bretagna ammira gli uccelli di alcune piccole isole costiere del Galles, osserva che è impossibile descrivere adeguatamente l’effetto prodotto dalla massa degli uccelli marini che nidificano in quelle isole.

Però l’interesse di Ghigi non era soltanto per gli aspetti strettamente naturalistici, anche se ad essi indubbiamente ha riservato una speciale attenzione, ma anche per i problemi ambientali di carattere generale, fra cui in primo luogo l’esistenza stessa dell’uomo sul pianeta. A tale riguardo, ricordo la sua lettura dedicata alla protezione della natura nella lotta contro la fame alla Pontificia Accademia delle Scienze in una riunione del 1968 alla Città del Vaticano.

Avviandomi alla conclusione, voglio ricordare i miei incontri con Alessandro Ghigi. Il primo lo ebbi a Bologna nel 1956 nei locali del Laboratorio di Zoologia applicata alla Caccia, assieme al Prof. Augusto Toschi. Allora ero studente di scienze naturali a Padova e Renzo Videsott mi aveva indirizzato a Ghigi per ottenere il suo appoggio per un’attività che poi ho svolto al Gran Paradiso. Ghigi mi accolse molto favorevolmente, con il suo stile apparentemente burbero ma molto umano. In seguito lo rividi molte volte, anche a Roma ove mi aveva invitato a partecipare a qualche riunione della Commissione C.N.R. quale “consulente esterno” per determinati problemi.

Nel 1995 il Prof. Mario Spagnesi, suo successore quale Direttore dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, ha pubblicato l’Autobiografia di Ghigi che per diversi anni era rimasta manoscritta. Nell’ultimo capitolo del suo libro, che reca il titolo “In giro per il mondo”, Ghigi si attarda a descrivere ancora una volta i viaggi compiuti, le numerose riunioni per la protezione degli uccelli alle quali ha partecipato, le assemblee di Atene, Varsavia e Copenhagen dell’U.I.C.N. Stranamente, nell’Autobiografia nulla dice della Commissione per la conservazione della natura del C.N.R. alla quale si era consacrato con tanto impegno, nulla delle molte persone che aveva incontrato in relazione all’attività protezionistica svolta nel nostro paese, nulla. Il suo pensiero sulla situazione attuale dell’Italia, che risuona come un duro giudizio, è tutto concentrato nella frase finale dell’ultima pagina del libro: il più bel paese del mondo che ha la disgrazia di essere dominata da una classe dirigente sorda ai problemi della protezione della natura.

L’attività di Alessandro Ghigi per la protezione della natura balza agli occhi di tutti per la vastità dei problemi trattati e per la competenza con cui li ha trattati. Sovente ha portato a soluzioni positive (come il caso dello sfruttamento idroelettrico della Val di Genova, in sinergia con altri), anche se nella maggior parte dei casi non ha potuto porre un freno alle distruzioni incalzanti, come nel caso del bosco di Policoro.

Alla sua morte, Ghigi lasciò in eredità la sua villa ed il parco annesso al Comune di Bologna, che provvide ad istituire il centro “Villa Ghigi” destinato ad una vasta attività di carattere didattico ed educativo: si noti bene, centro “Villa Ghigi” e non centro “Alessandro Ghigi” come avrebbe dovuto essere, per evitare di mettere in evidenza il nome di una persona che si sarebbe troppo compromessa nel ventennio fascista. Anche nel Notiziario del Comune di Bologna n. 9 del 17 maggio 1972 si parla “dell’acquisizione” di Villa Ghigi, ma il nome del Prof. Alessandro Ghigi e la sua considerevole donazione di beni personali sono stati omessi, come riferisce in dettaglio Liliana Zambotti in un suo articolo su Natura e Montagna (Zambotti, 2012).

Comunque, se la città di Bologna non vuole proprio ricordare ufficialmente il suo illustre cittadino, lo è nel Parco Nazionale d’Abruzzo, dove a Opi gli è stata intitolata una bella via alpestre che dal fondovalle sale al paese: Via Alessandro Ghigi.

Franco Pedrotti

 

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