Ho incontrato la prima volta Antonio Cederna al Passo dell’Aprica, che divide la Valcamonica dalla Valtellina. Lui era risalito da Ponte di Valtellina, io da Carciato in Val di Sole attraverso il passo del Tonale. Scopo dell’incontro era un’intervista che mi voleva fare sulla situazione del Parco Nazionale dello Stelvio, perché avevo appena iniziato un’indagine per la pianificazione del parco, con un gruppo di collaboratori fra cui Fulco Pratesi, Sergio Tonzig, Carmela Cortini Pedrotti, Ettore Orsomando, Edgardo Moltoni, Luigi Cagnolaro ed altri. Il Ministero dell’Agricoltura e Foreste, Direzione generale economia montana e foreste, aveva infatti deciso di avviare il potenziamento dello Stelvio, dopo anni e anni nei quali l’attività svolta era stata veramente poca. L’intervista ebbe luogo e pochi giorni dopo sul Corriere della Sera apparve l’articolo di Cederna, nel quale il parco era paragonato a una sorta di nebulosa di difficile identificazione, ed infatti così era. Da allora, Antonio Cederna ha dedicato uno o più articoli al parco ogni estate, quando si recava a Ponte, perché i problemi erano veramente moltissimi e non facili, soprattutto a causa dell’ostilità di vari gruppi. Negli anni seguenti mi sono incontrato con frequenza con Cederna, a Roma, a Trento (quando veniva in sopralluogo per i problemi di Tovel, del Brenta e della Val di Genova, sempre accompagnato da Francesco Borzaga), a Camerino (per l’inaugurazione della Riserva Naturale di Torricchio, per il Congresso “Strategia 80 per i parchi e le riserve d’Italia” e molte altre volte), a Montefortino (per il convegno durante il quale è stata proposta l’istituzione del Parco Nazionale dei Monti Sibillini), in Abruzzo e in molti altri posti.
Antonio Cederna (Milano 1927 – Sondrio 1996) si è laureato in Lettere all’Università di Pavia e si è poi specializzato in Archeologia all’Università di Roma. Ha lasciato quasi subito gli scavi e le ricerche per il giornalismo ambientalista, con articoli e inchieste. Dapprima ha scritto su Il Mondo di Pannunzio (1949-1966), quindi sul Corriere della Sera (dal 1967 al 1982) e successivamente La Repubblica (1982-1996) e L’Espresso (1986-1996). Contemporaneamente ha scritto molti libri, il primo di essi è Vandali in casa nel 1956, al quale sono seguiti i libri dedicati alla città di Roma ed ai suoi problemi urbanistici (Mirabilia Urbis, Mussolini urbanista, Storia moderna dell’Appia antica 1950-1996: dai gangster dell’Appia al parco di carta, ed altri).
E stato consigliere nazionale dell’Associazione Italia Nostra. Ha fatto parte della Commissione per la conservazione della natura del C.N.R. presieduta da Alessandro Ghigi. Ha ricoperto le seguenti cariche pubbliche: consigliere comunale di Roma dal 1990 al 1994 e deputato al parlamento dal 1987 al 1992.
Dopo la sua scomparsa, Antonio Cederna è stato ricordato in diversi libri e l’Associazione Italia Nostra gli ha dedicato il numero 330 del Bollettino, con una raccolta di testimonianze sulla sua vita e sulle sue opere (a cura di Mario Fazio, Vittorio Emiliani, Cesare De Seta, Oreste Rutigliano, Nello Ajello e del figlio Giulio Cederna); nei numeri successivi del Bollettino sono stati pubblicati i titoli e le indicazioni bibliografiche di tutti i suoi articoli.
Per la maggior parte di coloro che fino ad oggi hanno scritto su Cederna, il riferimento principale è stato quello per i problemi urbanistici e del verde di Roma, Milano e altre città d’Italia. Per tale ragione, mi limiterò qui a parlare soltanto del suo impegno per l’ambiente naturale. E comincio subito col dire che Antonio Cederna è l’unico protezionista italiano che oggi appartiene alla cultura nazionale, nel senso che è conosciuto da tutti. Forse soltanto Umberto Zanotti Bianco, fra i personaggi di cui si parla in questo libro, è abbastanza conosciuto anche dal grande pubblico, ma gli altri, che sono tutti naturalisti in senso stretto, non escono dal circolo degli specialisti in materia, neppure i più famosi. Antonio Cederna, dunque, è stato anche l’alfiere dei problemi prettamente naturalistici, flora e fauna, e di conseguenza è il portabandiera di tutto quel gruppo di protezionisti che normalmente sono destinati a rimanere nell’ombra.
Si pone un’ultima domanda. Perché Cederna è stato un pioniere? Perché si può mettere fra i pionieri? La risposta è abbastanza facile, direi ovvia. Cederna è stato il primo giornalista e scrittore che abbia affrontato globalmente sulla stampa il problema ambientale, dai risvolti di carattere generale, a quelli urbanistici e naturalistici. Non per niente, Alessandro Ghigi, quale Presidente della Commissione per la conservazione della natura del C.N.R., gli ha voluto conferire la medaglia d’oro, un apposito premio riservato ai giornalisti impegnati per l’ambiente. Se ben ricordo, un altro giornalista premiato dalla Commissione era stato Mario Fazio.
Quando in Italia ferveva più di tutto un movimento per la protezione di determinate aree mediante parchi e riserve (anni 1960-1970), Antonio Cederna sempre si chiedeva – ai congressi e sulla stampa – quali erano le aree da proteggere in Italia. I naturalisti tardavano a rispondere, non avevano ancora documentazioni precise e complete, ed allora Cederna ha predisposto lui stesso un primo documento, che va considerato il “capostipite” di tutti quelli che sono venuti dopo: Prima carta dell’Italia da salvare, pubblicata a Milano su Abitare nel 1967. È il primo documento in cui sono indicate cartograficamente le località di cui è necessaria la protezione in Italia, assieme ad una breve descrizione. In quegli anni la Commissione per la conservazione della natura del C.N.R. stava lavorando ad un elenco di località di interesse ambientale e naturalistico, che riuscì a pubblicare nel 1970: una carta dell’Italia e un elenco di nomi distinto per province e regioni. La Società Botanica Italiana stava lavorando allo stesso tema, per quanto limitato alle aree di interesse botanico; nel 1970 riuscì a pubblicare il primo volume (il secondo vedrà la luce nel 1979) del Censimento dei biotopi di interesse vegetazionale meritevoli di conservazione in Italia, nel quale per ogni area veniva presentata: cartina topografica, descrizione dell’ambiente, flora, vegetazione, pericoli, bibliografia. Il censimento aveva trovato la piena approvazione di Cederna, che subito pubblicò sul Corriere della Sera un servizio dal titolo Le trecento fortezze verdi, tante erano le località segnalate nel primo volume del censimento, di cui veniva richiesta la conservazione.
Fra i moltissimi temi di carattere ambientale trattati da Cederna, va ricordato – innanzi tutto – quello dei parchi nazionali, sia dal punto di vista generale che in riferimento ai parchi allora esistenti (Stelvio, Gran Paradiso e Abruzzo) e a quelli progettati (fra di essi molto gli stava a cuore quello dell’Adamello-Brenta).
I misfatti che si sono abbattuti sul Parco Nazionale dello Stelvio, da me illustrati e commentati nel libro Notizie storiche sul Parco Nazionale dello Stelvio (Pedrotti F., 2005), costituiscono ancora oggi, a distanza di 20 e più anni, l’esempio peggiore di come il nostro paese poteva comportarsi con un bene naturale di grande valore e che, in fin dei conti, aveva riconosciuto come tale con l’istituzione stessa del parco nel 1935. Il primo articolo di Antonio Cederna è apparso su L’Espresso nel 1966, a cui è seguito il servizio in tre puntate sul Corriere della Sera del 14, 18 e 20 settembre 1966 (Esiste solo sulla carta il grande parco dello Stelvio). Negli anni successivi Cederna ha dedicato oltre 40 articoli al parco. I suoi articoli più significativi furono successivamente raccolti nei due libri La distruzione della natura in Italia (1975) e Brandelli d’Italia. Come distruggere il bel paese (1991).
Dopo la nomina di Vittorio Agnelli a direttore del parco, sono state avviate molte attività (stampa di guide e carte turistiche del parco, costruzione di rifugi e centri visita, ecc.). Agnelli giustamente decise anche di fare collocare lungo tutto il perimetro esterno del parco secondo la legge del 1935 dei grandi cartelli in legno, con tutte le indicazioni per i visitatori (prima c’erano soltanto piccoli cartelli indicativi, sul tipo di quelli delle riserve di caccia). Questi cartelli hanno dato molto fastidio in Alto Adige e così la Provincia Autonoma di Bolzano è intervenuta a Roma presso il Governo Leone, che diede subito la disposizione di rimuoverli. Il tutto avvenne in una sola notte (7 settembre 1968): i cartelli furono fatti sparire, furono tolti dalle guardie del parco e furono ammassati nella sede del parco a Bormio. Con i cartelli venne fatto un grande mucchio, simile a una collinetta di legname: uno spettacolo desolante e vergognoso per chi lo aveva richiesto (Bolzano) e per chi lo aveva fatto eseguire (Roma). Tutto questo perché il governo Leone aveva bisogno dei voti della Volkspartei per avere la maggioranza. Il fatto venne denunciato da Antonio Cederna (che in quei giorni si trovava a Ponte Valtellina) con un articolo sul Corriere della Sera il cui titolo è più che eloquente: Gravissima decisione della Provincia di Bolzano. Mutilato il Parco dello Stelvio. Ottenuto il permesso da Roma, sono stati tolti tutti i cartelli di divieto che difendevano l’integrità del territorio. Ora metà della stupenda zona è alla mercé del turismo indiscriminato e della speculazione (Cederna, 1968).
Antonio Cederna, che è stato – inutile dirlo – il più grande giornalista italiano per i problemi ambientali, era molto mal visto dai nemici dei parchi sparsi in tutta Italia, come risulta anche dalla dichiarazione del consigliere Alphons Benedikter di Bolzano resa durante la seduta del 7 dicembre 1977 del Consiglio regionale: Desidero soltanto che la stampa ed in particolare il “Corriere della Sera” informino obiettivamente l’opinione pubblica in merito. Devo ricordare che da anni il “Corriere della Sera” scrive in modo allarmistico contro l’intenzione della regione [Trentino-Alto Adige] e delle province autonome [Trento e Bolzano] di assumere direttamente l’amministrazione del Parco Nazionale dello Stelvio, dimodoché già anni or sono il presidente della giunta provinciale si vide costretto ad inviare al menzionato quotidiano una lettera contenente dettagliate controdeduzioni, illustrando in certo qual modo il rovescio della medaglia, affinché venga sentita pure l’altra campana [ … ]. Il “Corriere della Sera” si ritiene uno dei più autorevoli quotidiani d’Italia, attribuendo molta importanza ad una impeccabile informazione, come del resto tutti i quotidiani di fama mondiale nel mondo libero d’occidente. Nella risposta a suddetta lettera si precisò che non era possibile pubblicare integralmente le controdeduzioni di cui sopra, in quanto il Signor Cederna doveva scegliere i passi atti alla pubblicazione. Noi naturalmente non siamo entrati nel merito di questo scritto. Devo quindi constatare che a tal proposito l’opinione pubblica non è stata finora informata obiettivamente, ma mi auguro che dopo l’approvazione di questa legge, da cui risulta che sotto il profilo protezionistico proponiamo addirittura un rafforzamento del concetto della protezione della natura, la relativa notizia venga diffusa, in modo impeccabile. Il 4 ottobre 1968 Silvius Magnago, Presidente della giunta provinciale di Bolzano, aveva scritto una lettera al Direttore del Corriere della sera, che era Giovanni Spadolini, criticando gli articoli di Cederna; la lettera è integralmente pubblicata in Pedrotti F. (2005, alla pag. 288 e seguenti). La lettera di Magnago contiene molte affermazioni polemiche, come quando afferma che tale parco non è mai esistito oppure che un parco naturale degno di questo nome non si crea con il collocamento di cartelli laddove mancano i presupposti elementari. Invece l’affermazione di Benedikter a proposito dell’intenzione della provincia di Bolzano di non volere assumere direttamente l’amministrazione del Parco Nazionale dello Stelvio, è falsa, perché Bolzano si è sempre battuta per ottenere tale amministrazione ed in pratica ora, dopo alcuni anni di tentativi, c’è arrivata.
Anche il Presidente della giunta regionale del Trentino-Alto Adige, Giorgio Grigolli, per non essere da meno di Benedikter, qualche anno dopo ha ritenuto di dovere intervenire (in data 8 gennaio 1971) sempre presso il Direttore del Corriere della Sera, Giovanni Spadolini, per censurare un articolo di Antonio Cederna del 21 dicembre 1970, nel quale il giornalista denunciava tagli boschivi, lottizzazioni, costruzioni di strade e proliferare di impianti di risalita nel parco.
Dopo la presentazione a Milano dei 3 volumi del “Piano per il parco dello Stelvio” curati dal sottoscritto (Studi per la valorizzazione naturalistica del Parco Nazionale dello Stelvio), la stampa diede ampio risalto all’avvenimento. L’atteggiamento dei “tre giornalisti storici dello Stelvio” Cederna (Il Corriere della Sera di Milano), Gorfer (L’Adige di Trento) e de Battaglia (L’Alto Adige di Bolzano) è quello che si ritrova in altre circostanze, quando tutti e tre hanno riferito sullo stesso tema, ma con sfumature diverse. Cederna, come al solito, ha messo in evidenza gli aspetti negativi: turismo di rapina nel Parco dello Stelvio. In un volume curato da esperti sono illustrati tutti i pericoli che lo minacciano; Gorfer è problematico: Il piano c’è: come applicarlo?; de Battaglia è costruttivo: proteggere Io Stelvio pianificando l’ambiente.
Dopo la Tavola rotonda di Italia Nostra del 1970 svoltasi a Bolzano, risoltasi in uno scontro di posizioni fra protezionisti e autorità locali, ecco ancora una volta il parere dei tre giornalisti. Cederna, con un atteggiamento pessimista, ha titolato il suo servizio Il Parco della discordia; Gorfer, con tono provocatorio: Stato, regioni e provincia vogliono o no il Parco Nazionale dello Stelvio?; de Battaglia, più concretamente, II Parco dello Stelvio ricerca un equilibrio. Proprio a seguito della Tavola rotonda, Cederna ha aggiunto un commento di carattere generale, che mantiene anche oggi tutta la sua validità: se da un lato i convegni servono ad approfondire il tema, dall’altro vanno sempre più mettendo in evidenza le difficoltà che nel nostro paese impediscono ogni seria azione in difesa del territorio: arretratezza legislativa, immaturità culturale a tutti i livelli, incapacità politica di anteporre il vantaggio generale all’interesse particolare e immediato.
A nulla erano valse però, in sede locale, le iniziative per il rilancio del parco, le affermazioni di principio per sostenere l’idea dei parchi e le prese di posizione delle associazioni protezionistiche, la cui preoccupazione principale era quella del mantenimento dell’unità del parco, sia per il territorio che per la gestione. Infatti nel 1971 la Regione ha improvvisamente approvato una legge che sottraeva il parco allo Stato per cederne l’amministrazione alla Regione. Antonio Cederna uscì con un articolo che aveva questo titolo: Abolita l’unità amministrativa del parco. Lo Stelvio condannato a morte. Il Consiglio regionale ha rivendicato unilateralmente la propria competenza esclusiva sul territorio compreso nelle province di Trento e Bolzano. Ne risulta la disintegrazione dell’unità geografica, naturalistica, ecologica e ambientale del parco che si estende fra due regioni (Corriere della Sera, 22 dicembre 7971).
Tuttavia anche quella volta la Regione non ce l’ha fatta. Ma tutto quello che ha scritto Cederna si è poi verificato regolarmente qualche anno dopo, con l’approvazione di leggi successive da parte delle province e con l’accordo di Roma.
Un altro caso molto scandaloso è stato quello dei danni ambientali in Valtellina per i nuovi impianti di sci, in funzione dei campionati del mondo, quando lo stesso Presidente del Parco (che era il Prof. Annibale Mottana) ha concesso di suo pugno l’autorizzazione all’intervento previsto. Cederna reagiva come poteva e cioè denunciando sulla stampa quanto stava succedendo; ma c’è obiettivamente da domandarsi come si poteva fare a mandare avanti un parco in tali condizioni. Altro che considerare Antonio Cederna “il giornalista più scomodo d’Italia”.
Per il Parco Nazionale del Gran Paradiso (ove pure i problemi non mancavano), l’interlocutore di Cederna era Renzo Videsott e si deve dire che fra i due c’è sempre stata un’intesa perfetta, come si capisce anche dalla corrispondenza che si scambiavano.
In Abruzzo la situazione era anche peggiore a causa della speculazione edilizia trionfante, che ha distrutto i dintorni di Pescasseroli e ha tentato di costruire nuovi villaggi in piena foresta, come alla Cicerana, che soltanto la tenacia e la decisione di Franco Tassi hanno permesso di bloccare. Ecco alcuni titoli di Cederna: Lo scempio del Parco d’Abruzzo. La speculazione con diploma (Il Corriere della Sera, 26 aprile 1968); Lo smantellamento del parco; Abruzzo, ultimo “round”; La posta in gioco: il Parco Nazionale d’Abruzzo. Due Italie di fronte a Pescasseroli; Verso la “soluzione finale” del Parco Nazionale d’Abruzzo; Il parco nazionale del cemento; Solo parole per il Parco d’Abruzzo.
Per ultimo, merita parlare brevemente anche di quanto succedeva nei gruppi dell’Adamello e del Brenta nel Trentino occidentale, proposti fin dal 1919 per l’istituzione di un parco, dapprima nazionale e poi provinciale. I principali problemi sono stati i seguenti: captazione delle acque in Val di Genova (poi non avvenuta, a seguito della forte opposizione alla quale aveva aderito anche la Provincia di Trento), costruzione di strade e funivie sul gruppo di Brenta (poi bloccate con grande fatica dei protezionisti, primo fra tutti Francesco Borzaga di Trento), salvaguardia del Lago di Tovel, che dopo il 1964 ha perso il fenomeno dell’arrossamento delle sue acque nei mesi estivi, urbanizzazione di aree boschive prossime alle rive del Lago di Tovel con la costruzione di 34 case e villette, in parte abusive. Per Tovel non è stato possibile fare niente.
A proposito del Lago di Tovel, vale la pena ricordare che è stato posto sotto tutela con decreto ministeriale del 17 febbraio 1926 in base alla legge allora vigente sul paesaggio (legge 778 del 1922 sulla tutela delle bellezze naturali). Luigi Parpagliolo ne ha dato la notizia sulla rivista Le Vie d’Italia, con una fotografia del lago e la seguente didascalia: una meraviglia naturale difesa: il Lago Tovel, l’unico lago rosso d’Europa (Parpagliolo, 1926). Nonostante il vincolo del 1926 e i vincoli successivamente applicati a Tovel in base alle nuove leggi approvate, non è stato possibile garantire un’adeguata tutela al lago, come Antonio Cederna ha messo in evidenza nei suoi articoli e nei suoi libri. I viaggi da Roma a Trento di Antonio Cederna non si contano, basta controllare le date dei vari articoli. A Trento egli era aspettato con trepidazione da Francesco Borzaga con il quale venivano fatti i sopralluoghi per constatare le varie situazioni e poi scrivere e scrivere: Tovel il lago che muore, Speculazione sul Brenta, Luna-park sul Brenta, Come si è distrutto il Lago di Tovel, Consulto per il “Iago rosso”, Perché il Trentino rovina le sue bellissime montagne e così via.
L’impegno di Cederna, qui appena delineato, è stato grandissimo e ammirevole ed in Trentino per alcuni casi è sicuramente servito (Val di Genova e Gruppo di Brenta). Egli lavorava in stretto contatto con Francesco Borzaga e pochi altri soci di Italia Nostra e del WWF di Trento e ne appoggiava sul Corriere della Sera le iniziative, che sono state eccezionali. Basti pensare che Francesco Borzaga negli anni dal 1959 al 1997 ha pubblicato ben 43 articoli, la maggior parte dei quali sul Bollettino di Italia Nostra, tutti inerenti Trentino, Val di Tovel, ecc., senza contare lettere, esposti e interventi vari.
L’archivio di Antonio Cederna, compresa tutta la sua produzione letteraria, la corrispondenza e altra documentazione, è stato donato dalla famiglia allo Stato Italiano. La Soprintendenza speciale per i Beni Archeologici di Roma ha acquistato una sede a Capo di Bove sull’Appia Antica, ché ospiterà il Centro di documentazione “Antonio Cederna”, voluto dal Comune di Roma, dalla Soprintendenza speciale per i Beni Archeologici di Roma e da Italia Nostra.
Nel Parco Nazionale d’Abruzzo, per iniziativa di Franco Tassi, una strada di Villetta Barrea porta il nome di “Via Antonio Cederna”. Il nome di tre grandi protezionisti, dunque, è ricordato nelle vie di tre paesi del Parco Nazionale d’Abruzzo: Antonio Cederna, Alessandro Ghigi e Renzo Videsott.
Franco Pedrotti