Il Prof. Oreste Mattirolo (Torino 1856 – 1947) si è laureato dapprima in Scienze Naturali all’Università di Torino e qualche anno dopo in Medicina. Durante il periodo universitario fu allievo di Giovanni Battista Delponte, che suscitò i suoi interessi per la Botanica. Dopo le lauree, trascorse un periodo di studio all’Università di Strasburgo sotto la guida del celebre botanico Heinrich Anton De Bary, famoso scienziato noto soprattutto per le sue ricerche sul differenziamento degli organi e dei tessuti. De Bary era anche micologo e influenzò notevolmente la futura attività scientifica di Mattirolo nel campo della Micologia. Come riferisce Montacchini (1999), durante la sua permanenza a Strasburgo si dedicò anche ai Licheni e riuscì ad individuare nel genere Cora il primo basidiolichene fino ad allora conosciuto. Rientrato in Italia, nel 1881 fu nominato assistente all’Orto Botanico di Torino, nel 1893 vinse la cattedra di Botanica a Bologna, insegnò per un periodo anche a Firenze e nel 1899 rientrò definitivamente a Torino, quale titolare della cattedra di Botanica. Quivi continuò e sviluppò le sue ricerche in Micologia, con particolare riferimento ai funghi ipogei, soprattutto i tartufi; egli studiò le modalità di riproduzione (i cicli di sviluppo) e l’organizzazione del corpo fruttifero, senza tralasciare gli aspetti ecologici, compresa la possibilità di una produzione controllata dall’uomo. Un altro filone di ricerca sviluppato da Oreste Mattirolo è stato quello delle simbiosi, sia quelle micorriziche, soprattutto ectotrofiche, fra funghi e radici di piante superiori, sia quelle legate all’attività dei Batteri azotofissatori con le leguminose. Ancora oggi all’Orto Botanico di Torino vengono continuate le ricerche sui tartufi con le nuove e moderne metodologie a disposizione.

Mattirolo non era soltanto uno scienziato di laboratorio, perché – soprattutto sotto l’influenza del Prof. Delponte – compì anche una serie di studi sulla flora di varie località del Piemonte come la Val di Susa e le valli del Parco Nazionale del Gran Paradiso (Valsavarenche, Noasca, ecc.).

Negli anni 1909-1911 e 1915-1917 è stato Vice-Presidente della Società Botanica Italiana e Presidente negli anni 1918-1920 (Maugini, 1988); nel 1905 è stato Presidente del Comitato Provinciale Forestale di Torino.

Dopo l’istituzione del Parco Nazionale del Gran Paradiso nel 1922, nel 1923 venne nominata la Commissione reale per il parco; Presidente venne nominato l’Avv. Giorgio Anselmi e Vice-Presidente Oreste Mattirolo. Mattirolo ebbe così la possibilità di affrontare i problemi del parco, per quanto soltanto fino al 1933, anno nel quale la Commissione venne abolita e il parco passò alla Milizia Forestale Italiana.

Il Prof. Oreste Mattirolo era un accademico a tutti gli effetti, sia perché docente universitario, sia perché appartenente a varie accademie scientifiche nazionali e regionali, come l’Accademia Nazionale dei Lincei e l’Accademia di Agricoltura di Torino. Da questa sua posizione, egli ha trovato il modo di occuparsi anche di protezione della natura e, più in particolare, della flora alpina. Nel 1882 presentò una relazione su La flora alpina. La ricchezza delle Alpi sotto l’aspetto della flora ornamentale e officinale, al II congresso orticolo italiano; era la prima volta che nel nostro paese veniva affrontato il tema della protezione della flora alpina. Nel suo contributo Oreste Mattirolo dapprima mette in evidenza le caratteristiche ecologiche delle specie della flora alpina, adattate sovente ad ambienti estremi alle alte quote, e quindi fitogeografiche (distribuzione nei diversi massicci montuosi). Introduce quindi il problema della coltivazione delle specie della flora alpina dando dettagli per le principali specie di esse (piante di ambienti umidi, delle fessure delle rocce, del tipo di suolo, ecc.). Il tema della coltivazione delle piante alpine a scopo ornamentale è stato ripreso anche in una relazione del 1884 in occasione di un’esposizione organizzata dal C.A.I., una mostra di piante alpine viventi.

Oreste Mattirolo varie volte esprime i suoi timori per la flora alpina officinale, di cui alcune specie in Val d’Aosta venivano raccolte in grandi quantità per la produzione di wermouth; fra di esse, molte specie dei generi Artemisia (fra cui Artemisia spicata o genepì e A. valesiaca) e Achillea (Achillea herba-rota), che erano state completamente distrutte in alcune stazioni e che si dovevano considerare gravemente minacciate. Alle Artemisie e alle Achillee si dà la caccia spietata e di esse, ad esempio, l’industria non adopera altro che il fiore. Staccandoli con riguardo alla pianta, non se ne scemerebbe la produzione ed il raccoglitore stesso troverebbe un notevole risparmio di lavoro (Mattirolo, 1883); le piante, infatti, venivano sradicate dal terreno, ma – una volta a casa – bisognava selezionare i capolini uno alla volta e buttare via tutto il resto!

Allora Mattirolo aveva consigliato di coltivare queste specie nei giardini presso casa dei paesi di montagna, ma l’invito non venne accolto e la sperimentazione è stata negativa, come si lamenta Mattirolo (1928) proprio in un volume sul Parco Nazionale del Gran Paradiso edito dalla Commissione reale per il parco. Aveva anche predisposto un Elenco delle principali piante officinali più adatte per essere coltivate nelle condizioni edafiche e climatiche dell’Italia settentrionale.

Nello stesso volume, la Commissione presenta una circolare sui modi di raccogliere le specie aromatiche in modo da apportare il minor danno possibile, rispettando le radici e così via. Inoltre viene formulata una richiesta di norme specifiche per l’Erboristeria.

Nel 1931 Oreste Mattirolo è stato invitato a tenere una conferenza sul Parco Nazionale del Gran Paradiso alla XX riunione della Società Italiana per il Progresso delle Scienze (Milano, settembre 1931). Mattirolo presenta la storia e le origini del parco rifacendosi alla Riserva reale di caccia del re Vittorio Emanuele II e ai principi generali di protezione della natura a cui si faceva riferimento in quegli anni (Pampanini e Vaccari). Esamina i problemi della gestione del parco e l’attività svolta. In un altro articolo (Mattirolo, 1925), dedicato alla flora del parco, riporta due concetti che dimostrano il suo interesse per la protezione della natura e per il parco: Il Parco del Gran Paradiso sarà sempre campo di educazione e di elevazione e di perfezione dello spirito. Il Parco dev’essere per gli Italiani un gran libro di studio aperto a quanti hanno a cuore i destini della patria.

Franco Pedrotti

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