Maderno è un minuscolo centro abitato sulle pendici del Monte Calisio, che si erge alle spalle di Trento, collocato alla base della parete di vetta e del famoso “camino” che la attraversa in tutta la sua altezza: un gruppo di case strette attorno a Villa Maria e al suo parco, con poche altre abitazioni sparse nei vigneti dei dintorni, fra le quali la casa del Senatore Guido Larcher. Paolo Videsott (Trento 18 febbraio 1913 – 3 marzo 2007) è nato a Trento in città, ma ha trascorso la maggior parte della sua vita a Maderno. Giuseppe Videsott aveva acquistato la villa di Maderno dai conti Triangi nel 1895, poi dedicata alla moglie Maria, prematuramente scomparsa. Da allora Maderno è diventata la casa dei Videsott, ma quello che più la ha amata è stato Paolo. Egli scova tutto quello che può sulla sua amata Maderno, descrive minuziosamente la casa, nel cui grande andito con il pavimento di “sasi robi” (ciottoli arrotondati di fiume) Paolo ha collocato un paio di corna di stambecco del Gran Paradiso. Descrive il parco circostante Villa Maria, quasi pianta per pianta, elenca tutto quello che ha fatto per portare migliorie alla villa e al parco. Gli piacciono anche i dintorni della villa, come una strada che attraverso la pineta porta ai Bergamini; è un mio amore – scrive – specie in questa stagione, che era ottobre. L’autunno a Maderno è particolarmente bello per Paolo: sopra di tutto quasi si sente il vigile abbraccio del Calisio maculato di tinte caffè dei cedui e del verde del pino nero. Maderno in autunno cambia vestito e si prepara per ricevere la neve dell’inverno. Ma è sempre Maderno, la mia amata dimora dove abito da molti anni. La conclusione di Paolo Videsott, a questo punto, è quasi ovvia: Questa nostra casa di Maderno è nata benedetta da qualcuno. Evviva Maderno!
Dopo gli studi secondari a Trento, Paolo Videsott si è laureato a Firenze con una tesi di politica agraria discussa con il Prof. Arrigo Serpieri; venne quindi nominato assistente all’Università di Trieste dal Prof. Eraldo Fossati. Nel 1940 venne richiamato alle armi e partì per
Grecia e Albania, dove venne catturato dai tedeschi e deportato in Germania. Qui passò attraverso vari lager ove trovò persone note e amici come Nino e Bruno Betta di Trento (che nel 1948 avevano partecipato a Sarre alla fondazione del Movimento Italiano per la Protezione della Natura), Sandro Disertori, amico di gioventù di Paolo Videsott, Vittorio Vialli, poi geologo a Bologna, pure di Trento, Tullio Odorizzi futuro primo Presidente nel dopoguerra della Regione Trentino-Alto Adige e lo scrittore Giovannino Guareschi. Dopo il rientro essi hanno scritto libri di ricordi e cronache, nei quali compare anche Paolo Videsott (Betta 1992; Disertori, 2003 e 2007; Vialli, 1983; Odorizzi, 1984; Guareschi, 2008).
Dopo il rimpatrio avvenuto nel 1945, Paolo Videsott ha iniziato la carriera di insegnante nella scuola come docente di materie giuridiche ed economiche e poi preside negli istituti tecnici di Trento. Paolo Videsott ha diretto le sue attività extrascolastiche allo studio – principalmente dal punto di vista economico-giuridico – dei rapporti fra l’ambiente ecologico e l’uomo “nell’ampio quadro dei principi della protezione della natura enunciati nella Conferenza internazionale di Fontainebleau” (di cui si parlerà oltre), come ha scritto nel suo curriculum. In effetti, la via alla protezione della natura è stata molto differente nei due fratelli Renzo e Paolo Videsott. Renzo è partito dalla sua esperienza di scalatore dolomitico, di sestogradista, di medico veterinario e di naturalista che ha iniziato ad occuparsi anche di bestie selvatiche, soprattutto camosci e stambecchi. Paolo è partito dall’orrore della guerra e dei campi di sterminio nazisti e non per niente nei suoi scritti allude alla protezione della natura come ad un’opera di pace internazionale.
Paolo Videsott ha iniziato ad occuparsi in forma concreta di protezione della natura nel 1946, appena pochi mesi dopo il suo rientro in patria, con una serie di articoli sui giornali di Trento dedicati ai parchi, all’orso bruno, alla fauna di interesse venatorio e alla protezione degli uccelli. Nel giugno 1948 ha partecipato dapprima alla riunione di Oreno e poi all’assemblea del Castello di Sarre per la fondazione del Movimento Italiano per la Protezione della Natura. Nell’ottobre dello stesso anno ha partecipato a Fontainebleau alla fondazione deII’Union Internationale pour Ia Protection de la Nature, oggi Union lnternationale pour la Conservation de la Nature et de ses Ressources. Egli ha inviato a Trento quattro servizi da Fontainebleau per il giornale Il Corriere Tridentino, di cui merita riportare qui i titoli perché sono gli unici articoli stampati in Italia su quell’importante evento: L’O.N.U. e 168 enti scientifici alla conferenza per la protezione della natura. Vedremo se il freddo della scienza si unirà al calore dell’anima in un impeto di rinnovata umanità (12 ottobre 1948), Nel Castello di Fontainebleau il convegno per la protezione della natura (15 ottobre 1948), La protezione della natura è un’opera di pace internazionale (22 ottobre 1948), La conferenza di Fontainebleau è finita. La conservazione delle condizioni di vita fisica e spirituale richiede educazione delle masse e delle élites (27 ottobre 1948).
L’8 maggio 1949 venne fondata a Trento la Sezione del Movimento Italiano per la Protezione della Natura e Paolo Videsott ne venne eletto Presidente. Fra le molte attività svolte dalla Sezione sotto la guida di Paolo Videsott, merita ricordare l’organizzazione nel 1950-1951 di un corso di protezione della natura per gli studenti delle scuole secondarie di Trento, che è stato il primo esempio di un corso di educazione ambientale in Italia; il corso era stato proposto da Jean-Paul Harroy, segretario generale dell’Union Internationale pour la Protection de la Nature (Bruxelles), al Movimento Italiano Protezione Natura attraverso Renzo Videsott, che faceva parte del Consiglio direttivo dell’Union, che ha anche finanziato il corso.
Luigi Piccioni ha scritto che per la prima volta nel nostro paese, senza alcun precedente e senza esperienze preparatorie di rilievo, un’associazione protezionistica è riuscita a concepire e a svolgere con pieno successo un articolato ciclo di lezioni su diversi argomenti, ma tutto coerentemente improntato all’educazione naturalistica e protezionistica (Piccioni, 2002). E più avanti prosegue con un altro giudizio che merita di essere riportato: Nella primavera del 1951, nella profonda provincia trentina, un insegnante di scuola come Paolo Videsott è in grado di impostare la sua lezione anche sulla base di una conoscenza puntuale di recentissimi testi angloamericani che stanno plasmando il nuovo dibattito protezionista internazionale. E qui cita Domani può essere il caos di William Vogt, Quando la terra muore di Jacks e White, Il pianeta saccheggiato di Henry Fairfield Osborn ed altri. Piccioni sottolinea, infine, il modo in cui tutti questi succhi intellettuali cosmopoliti permeano le lezioni del corso di Trento in profondità e come vengono interpretati in modo del tutto appropriato e per l’Italia sicuramente pionieristico.
Il più importante argomento di cui si è occupato Paolo Videsott è quello dei parchi nazionali. Il suo primo contributo sui parchi è l’articolo Il parco naturalistico di protezione, pubblicato sul giornale Il Popolo Trentino del 22 settembre 1946. Per Videsott l’istituzione di un parco protettivo è un lustro ed un vanto, in quanto indice di civiltà. In due articoli successivi (Valore e opportunità di un parco nelle Dolomiti, Corriere Tridentino del 23 ottobre 1946 e Prospettive per la realizzazione del Parco Nazionale Brenta-Adamello, II Popolo Trentino del 12 aprile 1947) introduce nuovi importanti concetti: il parco come possibilità di educazione individuale e sociale, l’interesse scientifico e turistico, l’importanza economica. Nella natura veramente primitiva possiamo contemplare la legge del divenire delle cose cui noi stessi, volere o no, partecipiamo; natura che è ben anteriore nella nostra disumana organizzazione tecnica. Questa natura è nel nostro caso [il territorio dei gruppi del Brenta e dell’Adamello] la montagna incontaminata: vallate boschive, acque chiassose, pascoli fioriti, rupi e nevi immacolate nel concerto di tutte le forme animali, libere dall’opera distruttrice dell’uomo. E quindi continua scrivendo che nell’istituzione del parco devono prevalere quelle ragioni e quegli scopi che l’occhio comune sa scorgere soltanto se, liberato dalla miopia dell’egoismo, farà propria la causa degli interessi generali di ordine spirituale e anche finanziari della nostra regione. Sono quei valori che hanno determinato la creazione dei parchi in tutte le parti del mondo. Nell’articolo Il Parco Brenta-Adamello. I pericoli dello sfruttamento idroelettrico (Corriere Tridentino del 13 aprile 1947) scrive che l’istituzione di un parco protettivo significa un riconoscimento esplicito e incontrovertibile da parte della nazione che quelle località contengono tesori rari di bellezze naturali di importanza fondamentale soprattutto per l’economia della regione … Occorre anche ricordare che il parco soddisfa a esigenze spirituali e scientifiche, oltre che turistiche ed economiche, che ogni persona bennata avverte; è quanto dire la necessità di preservare dalla minacciata distruzione il nostro patrimonio faunistico e di difendere la flora e il paesaggio, mirando a che tale salutare bagno nella natura sia socialmente un diritto di tutti! In un articolo di pochi anni dopo (Il Movimento per la Protezione della Natura, Il Popolo Trentino 16 settembre 1949) ribadisce il valore spirituale della natura: La protezione della natura, se per motivi pratici mira soprattutto a salvare dallo sterminio le risorse naturali più minacciate, non consiste solo in questo. In essa si fondono armonicamente anche un elemento umanistico ed educativo di elevazione spirituale e un senso di comprensione e di affratellamento tra i popoli. Pochi mesi dopo (Il parco nazionale garanzia di progresso civile ed economico, L’Adige 10 e 22 agosto 1951) completa la sua concezione di parco precisando che secondo gli orientamenti internazionali più moderni il parco si propone di attuare concretamente su una porzione di territorio l’utilizzazione più opportuna delle risorse naturali dal punto di vista sociale. In questa espressione si riassume il vasto significato di parco nazionale: conservazione dei capitali naturali (conservazione degli equilibri naturali e della bellezza del paesaggio) per la loro piena valorizzazione razionale dal punto di vista economico, turistico, estetico, scientifico, educativo, ecc.
Questi ed altri scritti degli anni 1946-1951 sui temi dei parchi e della protezione della natura costituiscono il preludio all’elaborazione del progetto di legge per l’istituzione del parco chiamato ora Parco Nazionale Brenta-Adamello-Stelvio. Tale progetto è stato realizzato da Paolo Videsott per incarico ufficiale di Tullio Odorizzi, Presidente della Giunta regionale del Trentino-Alto Adige, poi presentato al parlamento come disegno di legge n. 1552 del 23 febbraio 1951.
Si giunge così ad un’ulteriore definizione di parco nazionale da parte di Paolo Videsott (Videsott P., 1951, in Pedrotti F., 2009) che suona così: Il parco nazionale è una porzione di territorio che per le sue caratteristiche è sottoposta ad una particolare disciplina giuridica e tecnica, allo scopo di raggiungere obiettivi sociali suggeriti dal concetto della protezione della natura. Questa definizione molto bella deriva dall’idea di protezione della natura che aveva Paolo Videsott e che risale sempre al 1950-1951 (Videsott P., 1951, in Pedrotti F., 2009): La protezione della natura come problema sociale, che merita di essere qui riportata: “Protezione della natura” è protezione degli interessi dell’uomo connessi all’ambiente. Essa presuppone una più lata e diffusa conoscenza dei rapporti fra le interdipendenti manifestazioni dell’ambiente naturale e le non meno interdipendenti manifestazioni della vita sociale: vale a dire che la protezione della natura interessa un vastissimo campo di problemi scientifici e sociali.
In definitiva, facendo riferimento ai suoi scritti, e soprattutto alla relazione del disegno di legge 1552, per Paolo Videsott il parco nazionale è:
– istituto per il popolo di ricreazione, di istruzione, di educazione morale (educa al rispetto della cosa di tutti, ossia al rispetto del patrimonio comune; sviluppa la sensibilità alle bellezze del paesaggio, ecc.);
– istituto scientifico e naturalista in particolare, nonché centro di esperimento di colture (agricole ed anche zootecniche) di alta montagna;
– strumento di richiamo turistico, specialmente dei turisti stranieri, e di educazione turistica;
– strumento di educazione alpinistica e di incremento alpinistico,
– strumento per la conservazione e la propagazione degli animali da caccia e da pesca e strumento di educazione venatoria;
– strumento di importanza propriamente economica, poiché incrementa le ricchezze forestali, faunistiche, ecc., con conseguente valorizzazione dei terreni sterili o non meglio utilizzabili;
– tipico strumento di lotta contro la disoccupazione; infatti il parco richiede un impiego del fattore lavoro (sovrabbondante in Italia) di gran lunga superiore all’impiego di materie prime, preziose alla nostra economia;
– strumento di prestigio nazionale per l’estero e regionale all’interno, attirando milioni di persone;
– strumento di giustizia; i cacciatori godono del patrimonio faunistico catturando gli animali ma moltissime altre persone per diletto o per studio vengono a godere dello stesso patrimonio osservando liberi e vivi gli animali selvaggi; è doveroso riconoscere anche il diritto di questi ultimi, almeno nella strettissima porzione di territorio qual è quella del parco nazionale.
Per Luigi Piccioni (in verbis) il testo di Paolo Videsott confluito nella relazione del disegno di legge 1552 è un piccolo trattato di moderna teoria dei parchi nazionali.
Paolo Videsott aggiunge che i parchi nazionali devono essere gestiti da enti autonomi e che il territorio del parco viene distinto in tre zone; in un articolo così specifica il suo pensiero: la disciplina entro il territorio del parco sarà variabile secondo le zone, le esigenze del parco e quelle locali, seguendo un criterio di conciliazione di tutti gli interessi sociali e privati (Videsott P., 1952). La zona del parco vero e proprio (a sua volta distinto in varie zone destinate alla protezione della flora e della fauna, alla tutela del paesaggio, alla ricerca scientifica, alla sperimentazione agro-silvo-pastorale, ecc.), il pre-parco e l’anello esterno di protezione. Il pre-parco è destinato all’esercizio di una caccia disciplinata per acconsentire agli abitanti dei centri abitati interessati dal parco l’esercizio dello sport venatorio, il quale peraltro è alimentato dalla funzione di ripopolamento esercitata dal parco stesso. L’anello di protezione esterno è previsto per temperare il trapasso dalla zona parco a quella esterna. Sono previste limitazioni all’esercizio del pascolo e del taglio del bosco, che dovranno essere risarcite dall’ente parco. A tale riguardo, va sottolineato che Paolo Videsott è molto esplicito come risulta anche da quanto scritto nell’articolo Lineamenti e caratteristiche del parco nazionale (Alto Adige del 29 luglio 1951): la disciplina delle zone parco, quando dovesse assumere la forma di vincolo alla proprietà privata, deve essere accompagnata sempre da un risarcimento patrimoniale dell’interessato. Tutte queste norme rientrano oggi in quella che è chiamata la pianificazione del territorio del parco mediante la zonizzazione.
L’idea di “parco nazionale” di Paolo Videsott, benché formulata da oltre 50 anni, è molto attuale e condivisibile ancora oggi; essa si basa su tre aspetti strettamente collegati fra di loro: naturalistici, spirituali e sociali. Essendo stata scritta in un contesto storico diverso da quello odierno, mancano in essa – evidentemente – quelle definizioni e quei riferimenti proposti decenni dopo; ad esempio non si parla di “biodiversità” ma di “ricchezze naturali, forestali, faunistiche”, ecc. Vi è chiaramente impostato il problema della zonizzazione del territorio del parco, anche se non viene fatto riferimento ai centri abitati, che per Paolo Videsott in ogni caso dovevano essere esclusi dai parchi.
Il parco nazionale pensato da Paolo Videsott negli anni 1946-1952 è un tipo di parco molto moderno anche rispetto alle idee di oggi; è quello che ha preparato la strada per gli sviluppi seguenti, anche se negli anni successivi, quando il problema dei parchi era ormai diventato di grande attualità, molte delle sue proposte non sono state recepite.
Nel 1952 il progetto per il Parco Brenta-Adamello venne respinto dal Consiglio Regionale, mentre al Senato ottenne il parere favorevole di alcune commissioni e poi venne abbandonato. Infatti il progetto, come è ricordato anche in altri capitoli, era stato fortemente osteggiato dal Touring Club Italiano, al quale si era unita anche la Società Alpinisti Tridentini di Trento e Giovan Battista Trener, Direttore del Museo di Storia Naturale di Trento. Questi tristi episodi sono riportati da Meyer (1995), Sievert (2000), Pedrotti F. (2008) e Piccioni (2010).
La campagna per la costituzione di questo nuovo parco, la cui prima ipotesi risaliva al 1919 ed era di Giovanni Pedrotti, seguita dalle proposte di Oscar de Beaux, Gian Giacomo Gallarati Scotti, Guido Castelli e Fausto Stefenelli, era stata estenuante per Paolo Videsott, per l’impegno profuso, per l’impegno editoriale con i continui articoli e memoriali, per gli attacchi subiti anche dal C.A.I. e dal Touring e per l’indifferenza mostrata dalla maggior parte degli ambienti trentini, fra cui lo stesso Museo e soprattutto la S.A.T. Paolo Videsott ne uscì svuotato di energie e di nuove idee.
Nel 1967 Paolo Videsott ha scoperto Runc, una piccola frazione del paese di La Valle in Val Badia, che sorge su una posizione dominante e panoramica; Runc è una “vila“, designazione in lingua ladina di un gruppo di case o masi. Egli nel 1967 ha comperato a Runc una vecchia casa in legno che risale alla fine del 1300, come risulta dalle datazioni fatte con il radiocarbonio. Da allora ha trascorso con grande soddisfazione tutte le estati a Runc con la sua famiglia. Nel 1981 ha cominciato a scrivere lunghi resoconti che ha chiamato Lettere da Runc, continuando fino al 2006. Le Lettere sono state pubblicate dopo la sua morte, assieme ai suoi diari di guerra e di prigionia (Videsott P., 2009). Le Lettere trattano di argomenti molto diversi, anche se strettamente collegati fra di loro; così gli permetteranno di spaziare retrospettivamente su tutta la sua vita (hanno un evidente carattere autobiografico). Egli fa molti riferimenti al suo passato di “ambientalista” e si diffonde in considerazioni personali sulla natura e su come appariva ai suoi occhi e alla sua mente; non entra mai, invece, nei dettagli dell’attività svolta e delle lotte sostenute, come ci si sarebbe potuto aspettare. Eguale del resto, è stato il comportamento di Alessandro Ghigi nella sua Autobiografia, nella quale nulla dice della sua attività di protezionista, limitandosi ad una generica frase finale riportata nel capitolo dedicato a Ghigi.
Il giorno 8 gennaio 2010 nella sala rosa della regione Trentino-Alto Adige è stato organizzato dall’Associazione Smilax di Camerino e dal Centro di educazione ambientale “Renzo Videsott” dell’Università di Camerino, con la collaborazione del Consiglio provinciale di Trento, un convegno alla memoria di Paolo Videsott, con una grandissima partecipazione di pubblico, perché era molto conosciuto in città; durante il convegno è stato presentato da vari oratori il suo libro Lettere da Runc e diari di guerra e prigionia.
Franco Pedrotti