Renzo Videsott (Trento 1904 – Torino 1974), compiuti gli studi secondari a Trento, neI 1928 si è laureato in Medicina Veterinaria all’Università di Torino; nominato assistente universitario, nel 1938 ha conseguito la libera docenza in Patologia speciale e Clinica medica veterinaria ed ha iniziato l’insegnamento di Farmacologia veterinaria, che ha mantenuto per 12 anni. Nel 1943 è stato nominato Direttore dell’Istituto di Patologia e Clinica Medica Veterinaria. Nel 1951 ha rinunciato all’insegnamento universitario e all’attività accademica per dedicarsi a tempo pieno al Parco Nazionale del Gran Paradiso.

Dal 1922 è socio della S.A.T. (Società Alpinisti Tridentini) e negli anni 1926-1927 è stato Presidente della S.U.S.A.T. (Sezione Universitaria della S.A.T.); sono gli anni della grande attività alpinistica da solo o in compagnia di Domenico Rudatis, Pino Prati, Raffaello Prati, Giorgio Graffer ed altri. È stato fra i primi in Italia a superare le difficoltà del VI grado; la sua ascensione più celebre è stata quella dello spigolo nord-ovest della Busazza nel gruppo del Monte Civetta, metri 1.100 di arrampicata. Nel 1928 è stato proclamato socio del C.A.A.I. (Club Alpino Accademico Italiano). Molti anni dopo, nel 1972, Renzo Videsott scriverà: solo perché mi ero impegnato a fondo sulle vie nuove nelle Dolomiti, mi sono impegnato a fondo poi per la specie stambecco e per l’istituzione del parco!

Nel suo curriculum scritto nel 1950, così scrive di sé stesso: Dai 6 ai 23 anni uccide selvaggina di alta montagna; dai 23 ai 30 anni si specializza a sterminare camosci; però, aggiunge, dopo il 1947 non ho più ucciso un solo animale in alta montagna.

Come avvenne il cambiamento, la conversione, questo “ribaltamento paolino” (Prati, 1972), lo rivela Raffaello Prati, al quale confidò che è stato lo sguardo che passò nei suoi occhi dagli occhi di un capriolo morente da lui colpito. Più esplicito è in una lettera scritta nel 1948 a Paul-Alphonse Farinet, consigliere della Regione Val d’Aosta: Amore alla natura: sì, anche il bisogno di riparare le mie azioni distruttrici mi frusta … pochi, quanto me, hanno stroncato la magica abilità dei superstiti camosci oppure l’innocenza dei caprioli brucanti nel più cupo bosco. Ma la confessione più cruda e più penosa Videsott l’ha scritta nei suoi diari; si riferisce a un camoscio ferito a morte a Fanes, che Videsott segue sul terreno per un lungo tratto, mentre il camoscio sempre fissava Videsott, prima di finire la sua esistenza in piedi, appoggiato a un larice. L’episodio è riportato e commentato con grande effetto da Piccioni (2010) nella sua biografia di Renzo Videsott. Molti anni dopo il suo amico Raffaello Prati osserva che lo sguardo di quell’animale ferito mortalmente rivelò nell’uomo l’assassino, spense per lui e per sempre ogni avidità, orgoglio, impegno emulativo, la vanità di sopprimere l’animale di qualunque classe o dimensione fosse (Prati, 1972).

Renzo Videsott è arrivato alla protezione della natura con un percorso chiaro ed essenziale: attraverso un contatto, quasi un’immedesimazione con l’alta montagna (ma penso che molto abbia giovato anche l’ambiente della villa di Maderno sulle pendici del Monte Calisio a Trento) e attraverso l’acquisizione di una maggiore consapevolezza del valore intrinseco delle differenti forme di vita animale, tra le quali emerge e sovrasta tutte lo stambecco, assurto a simbolo e modello. Il passo dallo stambecco al parco nazionale è stata la conseguenza del suo ragionamento.

Ho improntato fin dal 1943 la mia attività al rispetto del concetto di Parco Nazionale – universalmente affermato – cioè di questa istituzione sorta per la conservazione e difesa della natura e delle sue risorse, concetto che non dovrebbe ammettere compromessi di nessun genere. Questa affermazione del 1969 di Renzo Videsott è l’enunciazione degli scopi che aveva scelto di perseguire in tema di protezione della natura. Renzo Videsott, come vedremo, ha coperto un ventaglio di attività molto vasto e importante, ma i parchi per lui sono sempre stati al di sopra di tutto e mi è sembrato opportuno precisarlo fin dall’inizio riportando anche la sua celebre definizione dal sapore romantico di parco nazionale: il parco è un luogo dove si lotta, si soffre e si vince per una concreta protezione della natura.

Dopo la sua scomparsa, il nome di Renzo Videsott cadde nell’oblio, ad eccezione di un ristretto gruppo di ammiratori e di protezionisti; anche lo stesso Parco Nazionale del Gran Paradiso nulla ha fatto in riconoscimento dei suoi meriti, che cercherò di elencare brevemente più avanti. Nulla dicevo, ad eccezione – se vogliamo – di un tardivo articolo di Oberto Tarena del 1979. D’altra parte, va rimarcato che l’attività di Renzo Videsott per il parco e per la natura gli aveva reso la vita molto difficile; egli ha avuto tre momenti di grave crisi proprio con l’ente che era riuscito a fare istituire con tanta fatica, l’Ente autonomo Parco Nazionale del Gran Paradiso: nel 1951 quando venne esautorato dal Consiglio del parco dall’incarico di difendere la Valsavaranche dalla costruzione dell’elettrodotto ad opera del Consorzio del Buthier, dopo che era riuscito perfino ad ottenere un voto internazionale all’assemblea dell’Unione Internazionale Protezione Natura a Bruxelles; nel 1969, quando ha dovuto subire l’attacco dei consiglieri valdostani e poi è stato costretto, per intervento dello stesso Presidente del parco (Gianni Oberto Tarena), a dare le dimissioni anticipate; nel 1972, quando venne stampato il libro per il cinquantenario del parco senza che in esso venisse messa nella giusta evidenza l’attività di Renzo Videsott per il parco, in particolare nella cattura di stambecchi a scopo di ripopolamento. Eppure ciò non basta a spiegare il silenzio dell’Ente Parco Nazionale Gran Paradiso su Videsott per così tanti anni.

Finché, dal 1996 ad oggi, sono usciti cinque volumi che esaminano criticamente la vita e l’attività di Videsott per la protezione della natura. Si tratta di: I parchi nazionali nel pensiero di Renzo Videsott (Pedrotti F., 1996), Il Parco Nazionale del Gran Paradiso nelle lettere di Renzo Videsott (Pedrotti F., 2007, presentazione dell’On. Luciano Caveri, Presidente della Giunta regionale della Valle d’Aosta), Gran Paradiso delle tribolazioni 1947-1953 (Gabutti, 2010, presentazione di Franco Pedrotti), Primo di cordata. Renzo Videsott dal sesto grado alla protezione della natura (Piccioni, 2010, presentazioni di Armando Aste e Fulco Pratesi), L’etica della caccia in Renzo Videsott (Achille, 2012).

È questa la ragione per la quale mi limiterò a presentare in forma sommaria i principali aspetti di Videsott protezionista, rimandando per il resto alle opere prima citate ed in particolare alla biografia di Luigi Piccioni, che è costata al suo autore anni di ricerche appassionate e competenti, un’opera che nessun altro protezionista italiano ha mai avuto.

Gli aspetti ai quali alludevo si possono riunire nel seguente modo: a) stambecco, Parco Nazionale Gran Paradiso e parchi in generale; b) Movimento Italiano per la Protezione della Natura; c) Unione Internazionale per la Conservazione della Natura e delle sue Risorse.

a) Lo stambecco, il parco e i parchi. Nel 1942-1943 Videsott ha diretto la riserva di caccia dell’industriale De Angeli di Milano, situata a Marebbe in Alto Adige, ove era riuscito ad introdurre lo stambecco. Come ricorda Ellecosta (2012) nel suo libro sulla caccia di Marebbe, Videsott aveva portato dal Gran Paradiso 3 maschi e una femmina.

Cacciato dai tedeschi dalla riserva, nel 1943 ha iniziato clandestinamente la sua azione per il salvataggio dello stambecco del Gran Paradiso in zona partigiana, quando la Valle d’Aosta era ancora occupata dai tedeschi. Nel periodo del Comando alleato ha continuato la sua azione ed ha iniziato la riorganizzazione del Parco. Con grave pericolo personale e sacrifici materiali, dal 1943 al 1947 ha organizzato il servizio di sorveglianza per la protezione della fauna, ed in particolare dello stambecco, pagando un gruppo di guardie con fondi raccolti con l’aiuto di un gruppo di appassionati di Torino, fra cui Luigi Sertorio e Beppe Bocca. Nel 1945 è stato nominato Commissario straordinario del Parco Nazionale Gran Paradiso con nomina dai C.L.N. (Comitato di liberazione nazionale) di Torino e di Aosta, nonché del Ministro dell’Agricoltura e Foreste, ma in un primo momento ha incontrato grandi difficoltà perché il comandante alleato, l’inglese Maggiore A. E. Howell, non voleva riconoscere la sua nomina a Commissario.

Alla fine della guerra gli stambecchi erano ridotti ad appena 419 capi, pochi ma sufficienti per ripopolare il Gran Paradiso e i territori limitrofi, tuttavia era indispensabile un parco ed un servizio di sorveglianza efficienti; per tale scopo si è battuto per anni fra grandi difficoltà ed incomprensioni, ma alla fine è riuscito nel suo intento.

Nei difficilissimi anni del salvataggio dello stambecco e della riorganizzazione del Parco, Renzo Videsott teneva contatti molto stretti ed era coadiuvato da un vasto gruppo di persone interessate al problema, in Val d’Aosta Carlo Passerin d’Entrèves, Severino Caveri, Federico Chabod, Paul-Alphonse Farinet, Ernesto Page, Renato Nouchy, Celestino Dayné ed altri, tutti della Regione autonoma Valle d’Aosta o parlamentari valdostani a Roma; ad Aosta le rivalità politiche e le stesse competizioni interne fra le varie correnti autonomiste erano molto forti, ma Videsott si rivolgeva a tutti per chiedere aiuti, al di là della loro posizione politica, con l’unico intento di salvare lo stambecco ed il parco. Particolarmente intensi sono stati i contatti con il Presidente della Regione autonoma Val d’Aosta Avv. Severino Caveri. Infatti nel 1947 ha ottenuto l’approvazione della legge che istituisce l’Ente autonomo Parco Nazionale Gran Paradiso, attraverso un iter non facile, che è stato rievocato da Gabutti nel libro prima citato. Nello stesso anno viene nominato Vice-Presidente e Direttore tecnico; nel 1951 viene nominato Direttore Sovrintendente del parco, carica che ha mantenuto fino al 1969. Dal 1947 al 1974 sono stati presidenti dell’Ente Parco Nazionale Gran Paradiso Luigi Sertorio, Fausto Penati, Gianni Oberto Tarena; segretari Mario Stévenin e Fausto Stefenelli, fra i consiglieri Alessandro Caveri, suo allievo nella Facoltà di Medicina Veterinaria a Torino e fratello dell’Avv. Severino Caveri.

Uno dei problemi più difficili dei primi anni di esistenza del parco è stato quello del pagamento delle guardie che per alcuni anni – dal 1947 al 1950 – ha costituito un vero tormento per Renzo Videsott. Per procurare fondi per il parco, Videsott ha introdotto le cacce di selezione, per cui era possibile abbattere a pagamento stambecchi e camosci indicati dalla direzione del parco, dietro versamento di una determinata somma.

Il primo contributo di Renzo Videsott sul concetto di parco è contenuto in una sua relazione del 31 dicembre 1945, nella quale espone i gravi problemi che affliggevano il Gran Paradiso: Esposizione storico-critica-descrittiva sul Parco Nazionale del Gran Paradiso pubblicata in Pedrotti F. (1996). Egli così scrive: Noi moderni desideriamo delle piccole oasi nel mondo, in cui l’uomo non sia correttore delle forze naturali, ma in cui sia acconsentito che dai liberi cozzi contrastanti della vergine natura, risulti quell’equilibrio originario, che può a noi servire da termine di paragone, e che certamente ci darà gioia e ritemprerà le forze, ammirandolo … conseguirà, così, in noi, un rinnovato amore alla natura ed è proprio questo ritorno amoroso alla madre natura una via di rigenerazione degli uomini. Solo così il vero e Io spirito prevarranno sull’attuale falso idolo, che è il materialismo umano, che tramite la macchina, i numeri, le categorie stagne, porta all’assurdo e alla morte. II concetto è grandioso, pur anche se realizzato in Italia con quasi un secolo di ritardo; su basi naturalistico sentimentali, s’innesta un vasto concetto scientifico, aperto agli studiosi del mondo. In esso si incorpora anche la difesa secolare dello stambecco e questioni e problemi più pratici, eminentemente piemontesi-valdostani. Difatti un parco ben organizzato, potenziato, valorizza economicamente in modo preminente l’industria turistica di una zona montana, che nel movimento alberghiero vede la sua principale direttiva di rinascita economica. Inoltre assomma interessi cinegetici, tocca valori folkloristici, suscita aspirazioni sentimentali, integra bilanci comunali, contribuisce alla lotta contro lo spopolamento montano, si inserisce in sistemazioni pascolive-forestali-montane, si accoppia ad aspirazioni e realizzazioni alpinistiche, si allea infine alle forze dell’ordine, per controllare impervie zone montane.

In una comunicazione sul Parco Nazionale del Gran Paradiso presentata al Congresso nazionale della montagna e del bosco (26 aprile 1947) Videsott elenca i seguenti scopi dei parchi nazionali: scopo scientifico internazionale, educativo, sociale, educativo-turistico sociale, economico-turistico-sociale (anche contro lo spopolamento montano), igienico salutare-sociale, educativo-venatorio, educativo-erboristico, educativo-venatorio-sociale (anche per il ripopolamento venatorio e per la reintroduzione di specie estinte), di difesa in generale dell’ambiente montano.

Nella relazione del 1948 presentata a Fontainebleau, i parchi sono così definiti: territori protetti dal punto di vista integrale per la conservazione della fauna, flora, suolo, paesaggio e riservati per ragioni di interesse generale e posti sotto pubblico controllo, ma aperti al pubblico a scopo educativo, ricreativo e turistico.

Nel 1949, sulla rivista “Neve Ghiaccio Sole” di Trento, Videsott ritorna all’amore per la natura: Il parco nazionale rappresenta la più moderna e pratica realizzazione ispirata all’amore della natura. Quest’amore è antico quanto l’umanità, ma scade progressivamente fra i popoli dominati e deformati dalla civiltà ipertecnica e ipermeccanica.

Nella comunicazione di Renzo Videsott all’VIII commissione del Senato del 22 febbraio 1951, c’è un’evoluzione nel suo pensiero sui parchi, si risente un influsso degli scambi di idee con il fratello Paolo Videsott. Il parco nazionale è:

–        istituto per il popolo di ricreazione, di istruzione e di educazione morale (educa al rispetto della cosa di tutti, ossia al rispetto del patrimonio comune; sviluppa la sensibilità alle bellezze del paesaggio, ecc.);

–        istituto scientifico e naturalistico in particolare, nonché centro di esperimenti di colture, agricole ed anche zootecniche, di alta montagna;

–        strumento di richiamo turistico (specialmente dei turisti stranieri) e di educazione turistica;

–        strumento di incremento alpinistico e di educazione alpinistica;

–        strumento per la conservazione e la propagazione degli animali da caccia e da pesca;

–        strumento di educazione venatoria;

–        strumento di tutela del paesaggio;

–        strumento di importanza propriamente economica: incrementa le ricchezze naturali (forestali, faunistiche, turistiche, ecc.) con conseguente valorizzazione dei terreni sterili o non meglio utilizzabili;

–        strumento di lotta contro la disoccupazione;

–        strumento di prestigio nazionale verso l’estero e regionale, attirando lo sguardo di milioni di persone;

–        strumento di giustizia per i non cacciatori, che possono vedere gli animali liberamente in natura.

Nel 1955 Renzo Videsott ha organizzato a Cogne il I° congresso internazionale degli amministratori e direttori di parchi nazionali, con la partecipazione di esperti francesi (tra cui Marcel Couturier), svizzeri (Georg N. Zimmerli e i vertici della Commissione del Parco svizzero dell’Engadina), austriaci (Helmut Gams) e italiani (Francesco Saltarelli, Augusto Toschi, Giuseppe Vota, Vincenzo Barducci, Luciano Moser ed altri). Nella relazione introduttiva letta a Cogne Renzo Videsott ha dato il suo massimo contributo sui parchi nazionali. Dapprima mette in evidenza alcune situazioni di fatto che condizionano negativamente i parchi, che sono le seguenti: i parchi non sono proprietari dei propri terreni; l’impossibilità di totali affittanze; la pressione delle popolazioni locali sui parchi. La parte propositiva è una proposta molto concreta, fatta per la prima volta in Italia, con la quale egli chiede che venga fatta una zonizzazione del territorio dei parchi. Videsott, naturalmente, non ha usato la parola “zonizzazione”, che è stata introdotta in epoca posteriore, ma parla di “adattamento di varie zone, entro il parco nazionale, in rapporto agli studi naturalistici, ai visitatori e ai montanari locali“; in particolare, suggerisce le seguenti zone: zone scientifiche, zone di disciplinato turismo, zone di pre-parco distinte in pre-parco turistico, pre-parco venatorio, pre-parco biologico. Vengono quindi affrontati i problemi di carattere generale come: la conservazione in generale nel territorio del parco, la conservazione della flora, la conservazione della fauna, la conservazione delle bellezze naturali e delle espressioni geologiche, la ricerca scientifica, il problema della costruzione di strade dentro i parchi nazionali, i guardaparco, l’autonomia amministrativo-funzionale dei parchi. L’ultimo punto riguarda la collaborazione dei parchi nazionali fra loro. A tale riguardo, Videsott si domanda: in futuro sarà possibile veder funzionare in Italia una federazione dei parchi nazionali perché siano maggiormente potenziate le loro singole, ma comune, ma autonome, funzioni? È quello che è successo diversi anni dopo, dapprima con il Comitato Parchi e Riserve analoghe d’Italia coordinato da Franco Tassi, e poi con l’istituzione della Federparchi, che Videsott avrebbe sicuramente salutato con grande entusiasmo.

b) Il Movimento Italiano per la Protezione della Natura. Già da tempo Renzo Videsott aveva intuito la necessità della presenza anche in Italia di un’associazione protezionistica che avrebbe dovuto avere caratteristiche simili a quelle esistenti in quasi tutti gli altri paesi d’Europa e del mondo.

Nel 1947 Videsott ha partecipato alla Conferenza internazionale per la protezione della natura di Brunnen (Svizzera), in rappresentanza del Consiglio regionale della Valle d’Aosta, della Società degli Amici del Paesaggio (società che è esistita soltanto per un breve periodo) e del Comitato internazionale per la protezione degli uccelli, Sezione italiana.

Per l’ottobre 1948 era prevista la conferenza di Fontainebleau per la costituzione di un’organizzazione internazionale per la protezione della natura, della quale si parlava ormai da decenni. L’Italia avrebbe dovuto presentarsi con le carte in regola e così Renzo Videsott si dedicò a fondo alla promozione della nuova associazione italiana. In una lettera del 1972 egli precisa che il movimento per la protezione della natura è saltato fuori dal bisogno esasperato di salvare lo stambecco e il parco (Pedrotti F., 1998). Sul libretto di Renato Pampanini “La protezione della natura in Italia” del 1918-1919 Videsott ha scritto questo commento: Sì! Siamo nel 1948 e dobbiamo continuare. Il nostro Movimento per la Protezione della Natura, nato nel nord Italia fra Trentini, Piemontesi, Lombardi, Aostani, non può impaludarsi! A proposito del nome da dare alla nuova associazione, Videsott sottolinea che inizialmente (1946-47), molto si è discusso in convegni e con scritti, ossia democraticamente, avanti di adottare la parola “movimento”. C’era chi proponeva “unione” o “lega”, ma il nostro umile senso allora prevalse, decidendo che si stava iniziando un “movimento” che in futuro, dopo essersi imposto, si sarebbe federato.

Così Videsott il 29 maggio 1948 inviò l’invito per la fondazione del Movimento, che sarebbe avvenuta in due fasi: una riunione preliminare a Oreno il 24 giugno, nel parco della Villa Gallarati Scotti e l’assemblea costitutiva al Castello di Sarre in Val d’Aosta il giorno successivo, 25 giugno. La riunione di Oreno si è mantenuta su un piano generale, anche perché a un certo momento è scoppiata una polemica fra Renzo Videsott e Guido Bertarelli (del Touring Club Italiano), che aveva una concezione completamente abnorme dei parchi. La riunione si concluse con la firma di un protocollo di intesa per la formazione di un gruppo di amici della natura.

L’assemblea costitutiva ha avuto luogo l’indomani al Castello di Sarre con la partecipazione di valdostani (Jules Brocherel, Albert Deffeyes, Mario Stévenin), piemontesi (Fausto Penati, Celestino Durando) e trentini (Renzo Videsott, Paolo Videsott, Benedetto Bonapace, Raffaello Prati, Fausto Stefenelli, Bruno Betta, Nino Betta), in tutto 12 persone. La maggior parte di essi apparteneva al mondo della scuola come insegnanti di scienze (Bonapace), lettere e filosofia (Deffeyes e i due Betta), materie economiche (Paolo Videsott), educazione musicale (Durando) e docenti universitari, in medicina (Penati) e veterinaria (Renzo Videsott); altri erano scrittori (Brocherel) e funzionari di enti pubblici e privati (Stévenin e Stefenelli).

Il Movimento Italiano per la Protezione della Natura ha svolto una vasta attività fino al 1953, articolato nelle sezioni di Torino, Milano, Trento e Vicenza; poi la Sezione di Torino decise di cambiare il nome in Pro Natura (che in seguito ha contribuito alla costituzione di Federnatura); cosi il Movimento sulla scena nazionale scomparve, per quanto la Sezione di Trento abbia svolto una sua attività con la vecchia denominazione fino al 1971.

Il Movimento Italiano per la Protezione della Natura è dunque la prima associazione ambientalista sorta in Italia nel dopoguerra; infatti Italia Nostra è stata fondata alcuni anni dopo, nel 1955.

c) L’Union Internationale pour la Protection de la Nature. Nell’ottobre 1948 ha partecipato a Fontainebleau alla fondazione dell’Unione Internazionale per la Protezione della Natura, oggi Unione Internazionale per la Conservazione della Natura e delle sue Risorse; oltre a Renzo Videsott, per l’Italia erano presenti il fratello Paolo Videsott, la Prof. Antonia Pruner di Trento e l’Avv. Michele De Tomasso del Ministero della Pubblica Istruzione. A Fontainebleau viene eletto componente del primo Consiglio direttivo dell’U.I.P.N. e successivamente confermato per il secondo, per gli anni 1948-1952; fra i componenti del Consiglio si ricordano Charles J. Bernard (Ginevra) Presidente, Jean-Paul Harroy (Bruxelles) Segretario generale, Harold J. Coolidge (Washington D. C. ), Roger Heim (Parigi), Böje Benzon (Copenhagen), Nils Dahlbeck (Stoccolma), Walery Goetel (Cracovia), Victor van Straelen (Bruxelles), William Vogt (Washington), membri, G. F. Herbert Smith (Gran Bretagna), I. P. Barclay-Smith (Gran Bretagna), C. Bloemers (Olanda); con essi e con molti altri naturalisti e protezionisti stranieri tiene contatti molto stretti per i vari problemi di carattere protezionistico che lo assillavano.

L’attività protezionistica di Renzo Videsott è stata molto vasta e complessa e il suo significato ancora oggi risulta in tutta la sua evidenza per la concretezza della sua azione e per i risultati raggiunti: la salvezza della specie stambecco sulle Alpi Graie nell’ultima località delle Alpi ove ancora viveva allo stato naturale; la ricostituzione dell’Ente autonomo Parco Nazionale del Gran Paradiso; le iniziative intraprese per i parchi nazionali italiani, dal 1945 al 1969 si contano oltre 40 relazioni, esposti, articoli e interventi per i parchi; la promozione del Movimento Italiano per la Protezione della Natura, prima associazione ambientalista dell’Italia del dopoguerra; la partecipazione a Fontainebleau alla fondazione dell’Union Internationale pour la Protection de la Nature; l’attività per la protezione degli uccelli sono i temi preminenti che ha affrontato. Egli va annoverato fra i grandi pionieri della protezione della natura non soltanto del nostro paese ma del mondo intero, come è stato riconosciuto nel Rapporto sullo stato dell’ambiente nel mondo – Aggiunte successive, ove il nome di Renzo Videsott compare nell’elenco dei grandi pionieri assieme a quelli di Aldo Leopold, Julian Huxley, Fairfield Osborne, William Vogt, Rachel Carson, Jean Dorst e gli italiani Alessandro Ghigi e Aurelio Peccei.

Nel Parco Nazionale del Gran Paradiso il suo nome è oggi ricordato con una targa collocata su un grande masso al Pian Resello, ove Videsott avrebbe volute essere sepolto, grazie ad un’idea di Arnaldo Gabutti (Gabutti, 2005), mentre in quello d’Abruzzo gli è stata dedicata una strada a Civitella Alfedena: Via Renzo Videsott. A Trento è stata collocata una targa in pietra sulla casa natale a cura del Comune e della Provincia di Trento.

L’8 settembre 2012 un gruppo di associazioni protezionistiche (Federnatura; Pro Natura Piemonte; Pro Natura Torino; Lyons Club Alto Canavese; Associazione Amici del Gran Paradiso; Associazione Smilax, Camerino; Centro di educazione ambientale “Renzo Videsott” della Riserva naturale Montagna di Torricchio, Camerino; Stoà, Associazione per la storia e gli studi sull’ambientalismo) ha organizzato a Ceresole Reale un convegno alla memoria di Renzo Videsott con il patrocinio del Parco Nazionale Gran Paradiso, durante il quale è stata inaugurata presso il Centro visitatori del parco una stele dello scultore Mario Giansone dedicata alla sua memoria. Il giorno 9 settembre è seguita la 34a Camminata ecologica Renzo Videsott ad memoriam, con meta ai laghi di Ceresole Reale.

La Famiglia Videsott organizza ogni anno la camminata, la prima è del 1979 ed aveva come meta il Pian Resello; successivamente le camminate sono state ripetute tutti gli anni in località diverse del parco con la partecipazione di amici, estimatori, guardie del parco e studiosi di Renzo Videsott, fra i quali non mancano mai Arnaldo Gabutti, Edgar Meyer, Luigi Piccioni, Walter Giuliano, Enrico Camanni, James Sievert e talvolta il sottoscritto (Gabutti, 2005).

Franco Pedrotti

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